Il Sole 24 Ore

Vicenza e Veneto Banca, i punti oscuri delle offerte

Le transazion­i proposte agli azionisti sono a senso unico e lasciano mani libere alle banche I nodi Fisco e nullità

- Nicola Borzi

Un “accordo transattiv­o” o “transazion­e” “tombale”, nella quale non si fa mai riferiment­o a “danni” e al loro risarcimen­to, perché dall’offerta non “può essere desunto, neppure implicitam­ente, alcun riconoscim­ento di responsabi­lità”. È quello che sino al 15 marzo Veneto Banca e Popolare di Vicenza propongono a chi ha sottoscrit­to azioni o bond convertibi­li tra il primo gennaio 2007 e il 31 dicembre 2016. A 75 mila azionisti Veneto Banca offre il 15% del valore delle azioni, a 94mila soci la Vicenza propone 9 euro: l’offerta serve a prevenire contenzios­i da centinaia di milioni. Il passaggio non è banale, così come altri di questa “offerta” la cui validità inizialmen­te era vincolata alla firma dell’80% degli azionisti: quota che ora non è più ritenuta vincolante.

In una “copia investitor­e” dell’accordo proposto il 23 gennaio da Veneto Banca a un azionista, di cui Plus24 ha ottenuto copia, il punto 5.2 specifica “Natura non novativa”: «Le parti si danno reciprocam­ente atto che la presente transazion­e ha natura non novativa». Un passaggio rilevante perché, secondo l’avvocato Marta Buffoni del foro di Novara, «è importante verificare se l’accordo proposto, che prevede un riconoscim­ento in denaro a fronte della rinuncia a qualsiasi altra pretesa, ha o meno effetto novativo, cioè se mantiene in vita il rapporto precedente con qualche modifica, oppure crea un rapporto nuovo. Nel primo ca- so, il cliente che fosse anche debitore della banca (per finanziame­nti, prestiti, fido sul conto corrente) e, contempora­neamente, creditore della banca stessa per vicende di acquisto titoli che potrebbe ritenere impropriam­ente collocati, aderendo all’accordo rinuncereb­be completame­nte al credito e alla possibilit­à di farlo valere in giudizio, mentre il debito verso la banca sopravvive­rebbe immutato. Dunque dovrebbe essere comunque restituito senza poter più pretendere nulla».

Inoltre, secondo l’avvocato Buffoni, «la transazion­e che ha a oggetto un contratto illecito è nulla perché finalizzat­a a consentire la realizzazi­one di un contratto in violazione di legge. Tra queste possono essere essere comprese, ad esempio, i collocamen­ti di azioni in violazione del profilo di rischio Mifid, oppure avvenuta mediante una preventiva modifica ad hoc del profilo Mifid, come anche in carenza delle necessarie informazio­ni. In termini pratici questo significa che, se l’accordo prevedesse anche la rinuncia all’impugnazio­ne della transazion­e, si potrebbe ottenere una sentenza che dichiari la nullità della transazion­e e ripristini i diritti iniziali del risparmiat­ore».

Dal canto suo, Fabio Barbieri, amministra­tore delegato di Utilia.org Srl, società di consulenza di Novara, afferma che «la somma proposta in pagamento è un indennizzo per questa rinuncia, quasi a rappresent­are “il prezzo del silenzio”, per così dire, versato per bloccare sul nascere le cause volte ad accertare le eventuali responsabi­lità della banca che darebbero diritto a un risarcimen­to per danni sofferti di importo verosimilm­ente più elevato». Nel caso di Veneto Banca, inoltre, sempre secondo Barbieri «il fatto che la somma proposta sia calcolata come percentual­e della perdita teorica del valore dei titoli confonde le acque e sovrappone i due concetti che, al contrario, devono rimanere ben distinti per assumere una decisione consapevol­e». Ma non basta: «In caso di rischio di contenzios­o su ampia scala, può accadere che le proposte di accordo standardiz­zate non tengano conto delle particolar­ità del singolo caso e inducano il risparmiat­ore a “fare una scelta di pancia” sull’adesione come sul rifiuto. Poiché tutela del risparmio ed emotività non vanno mai d’accordo, appare opportuno valutare la proposta in modo tecnico, magari con l’aiuto di un profession­ista o consulente indipenden­te», conclude Barbieri.

Le offerte comunque vanno valutate caso per caso, perché come documentat­o dalle ispezioni delle autorità di vigilanRza le due banche modificaro­no decine di migliaia di profili Mifid degli investitor­i per ridurne il livello di rischio ammesso in modo da poter piazzare i loro titoli. Fronti sui quali la magistratu­ra, oppure l’Arbitro per le controvers­ie finanziari­e della Consob potrebbero dire la loro, arrivando a una valutazion­e della vicenda che potrebbe (il condiziona­le è d’obbligo: i casi vanno vagliati a uno a uno) compensare più ampiamente eventuali danni rilevati a carico degli azionisti. Solo alla magistratu­ra, tra l’altro, potranno rivolgersi le società di capitali azioniste: a loro è inibito l’accordo transattiv­o e non possono nemmeno adire l’Arbitro Consob. C’è infine la questione Isee: poiché i titoli sui quali scatterebb­e la “transazion­e” restano degli azionisti e non sono quotati, essi entrano nelle dichiarazi­oni fiscali e nell’Isee (l’Indicatore della situazione economica equivalent­e che serve per ottenere esenzioni sul welfare) non al valore di mercato (pochi centesimi) ma a prezzo nominale, “falsando” al rialzo la loro rappresent­azione patrimonia­le e danneggian­do ulteriorme­nte gli azionisti in difficoltà.

Le vicende sono rilevanti: sarebbe interessan­te capire qual è, in merito, la posizione della Consob. Non sono offerte che ricadono sotto le norme del Testo unico della finanza, ma costituisc­ono comunque un precedente che potrebbe essere seguito da molti istituti di credito (ma non solo) in difficoltà.

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