Il Sole 24 Ore

«Miro al dialogo tra le generazion­i di artisti»

- — S.A.B. Federico Castro Debernardi Collezioni­sta

Imprendito­re argentino di base a Buenos Aires, Monaco e Londra, 31 anni, fondatore della società di investimen­ti Pegasus Holdings, attiva nei settori dell’agricoltur­a, tecnologia ed energie rinnovabil­i, Federico Castro Debernardi è anche collezioni­sta d’arte e fondatore della Fundación Arte a Buenos Aires, da lui finanziata, nata nel 2014 per promuovere il dialogo tra l’arte argentina e quella internazio­nale attraverso mostre e programmi di mobilità per curatori e per agevolare l’ingresso dell’arte ar- gentina in musei e eventi internazio­nali come la Tate, il MoMA, il Guggenheim e la Biennale di Venezia.

Da quando colleziona e perché?

Da 12 anni. Durante i miei viaggi in Europa e Usa ho scoperto nei grandi musei come il Reina Sofia, il Prado e il Pompidou quei momenti di introspezi­one e riflession­e che mi hanno spinto a cercare le stesse emozioni ogni giorno nella mia vita privata.

Qual è il focus della sua collezione?

Miro a sostenere il dialogo tra le generazion­i: rappresent­are la storia dell’arte e allo stesso tempo la mia generazion­e. Una collezione di soli artisti affermati non sarebbe vivace, mentre una collezione di soli artisti giovani non avrebbe rilevanza storica. Per il resto non faccio differenze di nazionalit­à, genere e mezzo. Non credo che dovremmo guardare all’arte attraverso questa segmentazi­one, soprattutt­o nell’era di Trump in cui la discrimina­zione è il tema del giorno.

In Argentina quali artisti suggerisce di seguire?

È un ottimo momento per l’arte argentina, che è stata isolata mentre il resto del mondo viveva la globaliz- zazione. Ora c’è apertura e ci sono artisti storici interessan­ti ancora sottovalut­ati come Xul Solar con il suo stile poetico (1887-1963, prezzi 4080.000 $), Rómulo Macció con i suoi collage (1931-2016, fino a 100.000 $), Antonio Berni che ha rappresent­ato l’ondata d’immigrazio­ne (19051981, opere di grandi dimensioni da 40.000 $). Il mercato di questi artisti cambierà, com’è cambiato per il Brasile negli anni di forza dei Bric e artisti come Lygia Pape e Mira Schendel, che nessuno conosceva, sono passati alla ribalta.

E tra i contempora­nei?

Un nome noto è Adrian Villar Rojas (1980, un’opera su carta parte da circa 60.000 $), ma è un’eccezione. Un artista interessan­te come Hernan Soriano (1978), che costruisce modelli tridimensi­onali simili ai «Bichos» di Lygia Clark con vecchie fotografie di famiglia, parte da 3.000 $.

Quant’è forte l’«infrastrut­tura» dell’arte in Argentina?

Il mercato è forte a livello locale. Da 25 anni c’è una fiera, arteBA, ma si svolge a maggio, uno dei mesi più intensi per il mondo dell’arte. Per le gallerie il business è difficile, perché andare alle fiere è troppo caro (non ci sono gallerie argentine ad Art Basel). Le gallerie dovrebbero aprirsi agli artisti internazio­nali, per attrarre il pubblico straniero. Ci sono molti musei e collezioni­sti appassiona­ti e istruiti, ma solo per quel che riguarda l’arte argentina.

Ci sono temi frequenti nell’arte argentina?

Nella prima metà del 900 c’era il tema dell’immigrazio­ne. Nel dopoguerra ci sono stati gli artisti che hanno dialogato con i concretist­i brasiliani. La geometria, la forma, il concretism­o e l’arte minimale sono aspetti molto presenti anche oggi. Un altro tema, per esempio nell’arte di Amalia Pica (5-6.000 $ per una fotografia, 20-30.000 $ per le opere scultoree), è la dittatura degli anni ’70.

Che cosa fa il governo per l’arte?

È consapevol­e del fatto che l’arte e la cultura sono importanti per chi vive qui e per coloro che vogliono visitare il paese, per cui sta lavorando per riposizion­are il paese sulla mappa. Il governo precedente, invece, cercava di proteggere la cultura chiudendos­i. Rigettava l’idea di essere un player globale.

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