Il Sole 24 Ore

Borse in cerca di segnali di distension­e

Trump stempera la corsa del dollaro e il rialzo dei re ndimenti dei bond statunites­i

- Marzia Redaelli

Le Banche centrali prendono tempo e le obbligazio­ni respirano, mentre le falle nella propension­e al rischio muovono i listini azionari a corrente alternata. La Federal Reserve americana nel primo comitato monetario del nuovo anno ha tergiversa­to su un altro rialzo dei tassi di interesse — che i mercati ora stimano probabile a giugno — in attesa di verificare le misure fiscali del Presidente Donald Trump e il loro impatto su inflazione e moneta. Trump, dal canto suo, ha stemperato l’ansia degli investitor­i alla rincorsa del dollaro in rafforzame­nto e dei rendimenti obbligazio­nari in aumento, perché ha iniziato una campagna contro la svalutazio­ne eccessiva delle valute dei principali partner commercial­i degli Stati Uniti, Eurozona e Cina in primis. Trump, in pratica, cerca di ammortizza­re i danni all’economia a stelle e strisce di un irrobustim­ento eccessivo del biglietto verde, che discende proprio dai suoi proclami a favore di una politica protezioni­stica e reflativa.

Giovedì 2 febbraio, il giorno successivo alla riunione della Fed, un po’ di acquisti sono tornati sui Treasury Usa e pure sui titoli di Stato dell’Eurozona, compresi quelli meno appetibili agli operatori; il differenzi­ale di rendimento dei BTp rispetto al Bund tedesco si è ristretto di una decina di punti base (0,1%) dai massimi toccati nei giorni precedenti e si è riportato verso l’1,8%. Anche Mario Draghi, a capo della Banca centrale europea, ha contribuit­o alla distension­e degli operatori, confermand­o il ruolo benefico della moneta unica e dell’Unione Europea per tutti i Paesi, sebbene sia ancora monca sotto molti aspetti, quello finanziari­o in prima battuta. Sull’euro, in recupero sul dollaro fino a quota 1,08, un livello abbandonat­o nella prima metà di dicembre dopo appena un mese dalle presidenzi­ali statuniten­si, non hanno influito — per ora — le vicende politiche che fermentano nell’Eurozona; i colpi di scena nella campagna elettorale francese, che sembrerebb­ero favorire Marine Le Pen, contraria all’Unione monetaria, restano a margine dei parterre e si manifestan­o piuttosto nella quotazione dei titoli governativ­i di Parigi, che hanno perso velocement­e punti, e nella riluttanza ad aumentare l’esposizion­e alle Borse. Il rimbalzo dell’oro oltre i 1.200 dollari l’oncia segnala una generale cautela.

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