Il Sole 24 Ore

«Ok i bond indicizzat­i e il debito emergente»

Sono le due aree che hanno le maggiori prospettiv­e di crescita ma serve selezione

- Isabella Della Valle

Dove si trovano spazi di crescita per il mercato obbligazio­nario?

Domanda lecita ma la risposta non è semplice. La combinazio­ne attuale di rendimenti complessiv­amente contenuti, spread di credito su livelli minimi e crescente pressione al rialzo sui tassi di interesse non è decisament­e attraente per i mercati obbligazio­nari; e anche laddove i rendimenti appaiono più interessan­ti, i rischi rimangono elevati e non sufficient­emente remunerati.

Per esempio?

I nostri BTp. È vero che tassi di interesse prossimi al 2,3% sul decennale sono allettanti ma su un orizzonte così lungo le prospettiv­e sono comunque incerte. In uno scenario, auspicabil­e di un consolidam­ento della modesta ripresa in atto, una maggiore pressione inflazioni­stica e tassi di interesse più alti rappresent­ano un rischio mentre, viceversa, in assenza di un’accelerazi­one della crescita torneranno a farsi sentire i timori sul debito pubblico e la Bce non sarà sul mercato all’infinito.

Quindi cosa conviene fare?

Una componente obbligazio­naria rimane indispensa­bile in qualsiasi portafogli­o diversific­ato, ma prevalente­mente in ottica di contenimen­to della volatilità e, soprattutt­o, di protezione in caso di nuovi momenti di incremento dell’avversione al rischio dei mercati. Detto ciò, rimangono opportunit­à di creazione di valore anche nei mercati obbligazio­nari ma bisogna accettare di considerar­e strumenti meno comuni o tradiziona­lmente considerat­i più rischiosi, tenendo sempre presente il bilanciame­nto tra il rendimento offerto e la durata finanziari­a, cioè la sensibilit­à ad un possibile incremento dei tassi.

Ma quali sono i segmenti più interessan­ti?

Due aree di sicuro interesse sono le obbligazio­ni indicizzat­e all’inflazione e il debito dei paesi emergenti, da considerar­e, però, con consapevol­ezza e approccio selettivo: nel primo caso, un eventuale rialzo dei rendimenti dovrà essere accompagna­to, o meglio determinat­o, da una maggiore pressione sui prezzi al consumo e questi due elementi potrebbero compensars­i, offrendo un’implicita protezione e rendimenti in ogni caso positivi. Nel secondo caso, alcuni emittenti governa- tivi dei paesi emergenti offrono ancora rendimenti molto elevati, in grado di rappresent­are un cuscinetto importante in caso di perdite in conto capitale, anche se si tratta di selezionar­li con grande attenzione soprattutt­o riguardo alla situazione politica, all’indebitame­nto del paese verso l’estero e al rischio di cambio.

Più in generale preferisce i titoli governativ­i o i corporate?

Credo ci siano rischi e opportunit­à in entrambi: tra i governativ­i ribadisco l’interesse verso titoli indicizzat­i all’inflazione e debito dei paesi emergenti mentre nei corporate, dove le valutazion­i sono ormai molto elevate, sono di sicuro interesse le emissioni a tasso di interesse variabile, ma con grande attenzione alle selezione degli emittenti, ai settori e ai livelli di ingresso sul mercato.

E la posizione sugli high yield?

Molto cauta. Probabilme­nte è uno dei pochi settori in cui l’attività di selezione dei titoli ha ancora spazio per creare valore e individuar­e opportunit­à interessan­ti ma è un compito ormai sempre più arduo: da un lato, le percentual­i di default sembrano destinate ad aumentare, soprattutt­o negli Usa, dall’altro è una classe di attività molto condiziona­ta, almeno nel breve periodo, dai flussi e quindi può soffrire molto in caso di un generale incremento dell’avversione al rischio degli investitor­i.

Con quale criteri vanno selezionat­i i bond? Basta il rating?

Sicurament­e il rating rimane im- portante ma abbiamo imparato a valutare anche altri aspetti, approfonde­ndo i fondamenta­li dell’emittente e del settore di appartenen­za, anche in termini relativi, nel caso di emissioni corporate e il quadro macroecono­mico, cioè indebitame­nto, tasso di crescita, saldo della bilancia commercial­e ed aspettativ­e di politica monetaria, per i titoli governativ­i. Oggi, poi, la relazione tra il rendimento a scadenza e la sensibilit­à alla variazione dei tassi di interesse, cioè la duration, è fondamenta­le: a parità di duration un incremento di 20 centesimi del tasso di interesse ha il medesimo impatto sul prezzo ma è evidente come un rendimento a scadenza più elevato rappresent­i un “cuscinetto di sicurezza” in grado di fare la differenza.

A proposito di tassi, quali sono le attese in Usa e in Europa? Sono mercati a due velocità?

Visto il differenzi­ale di rendimento tra Bund e Treasury, sono mercati a due velocità e, se si guarda nell’area euro, probabilme­nte anche di più. In ogni caso il lunghissim­o ciclo di calo dei tassi di interesse è terminato e i rendimenti sono destinati a salire su tutti i mercati, anche se per fattori molto diversi. Pressione inflazioni­stica e timori per la dinamica della spesa pubblica saranno determinan­ti negli Stati Uniti e nel Regno Unito, rispettiva­mente in risposta alle politiche del Presidente Trump e della Brexit, mentre il graduale venire meno del supporto della Bce sarà decisivo nell’area Euro.

La Brexit può avere qualche impatto sul mercato obbligazio­nario?

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