Dai fondi comuni ai fondi pensione tra figli e figliastri del bain- in
Può sembrare paradossale, ma è così: nel prevedere alcune forme di tutela nel bail-in il legislatore si è “dimenticato” di proteggere al 100% i risparmi versati dagli aderenti ai fondi pensione per costruirsi una previdenza integrativa. La conferma è arrivata in settimana, come anticipato sul Sole 24 Ore del primo febbraio scorso, da due risposte scritte inviate da Banca d’Italia e Covip ai quesiti sottoposti da mesi alla loro attenzione rispettivamente da Assogestioni e Assofondipensione.
Le due authority, dopo aver fatto congiuntamente le opportune valutazioni, hanno deciso di rompere gli indugi e sciogliere ufficialmente i dubbi interpretativi agli operatori. Stanchi di aspettare un correttivo legislativo richiesto per mesi a bassa voce, per non creare allarmismi, ai Ministeri competenti, la Banca d’Italia e la Covip hanno quindi deciso di cambiare strategia. Per mettere una maggiore pressione al Governo hanno reso pubbliche le loro preoccupazioni, attraverso le risposte alle due associazioni. Non è possibile che la liquidità proveniente dai contributi versati dai lavoratori sul conto corrente d’appoggio aperto dal fondo pensione presso una banca sia a rischio qualora quest’ultima vada in risoluzione. Prima di essere investiti in strumenti finanziari, e quindi non più aggredibili in caso di bail-in, queste disponibilità liquide possono rimanere sul conto d’appoggio anche per mesi. Idem per i milioni di euro di giacenze che un fondo pensione detiene stabilmente sull’altro conto d’appoggio “cosiddetto conto prestazioni”, aperto per pagare ogni mese le pensioni. È quindi emersa l’esigenza di un intervento normativo volto a introdurre un meccanismo di protezione idoneo a porre riparo dagli effetti del bail-in la liquidità dei fondi pensione. E non solo.
Tra le storture da sanare c’è anche la disparità di trattamento riservata alla liquidità versata nelle varie forme di Oicr (organismi di investimento collettivo del risparmio): le risorse liquide delle Sicav e Sicaf depositate su una banca che va in risoluzione non sono protette, a differenza dei fondi comuni che sono protetti in questi casi al 100%, sia per la parte liquida del portafoglio sia per quella investita in strumenti finanziari. Inoltre la norma da come è scritta fa “figli e figliastri” anche tra i clienti dei vari intermediari che hanno sottoscritto un servizio di gestione patrimoniale individuale: la parte liquida e non investita delle gestioni offerte da Sim ed Sgr è sempre protetta, anche se subdepositata presso un banca che va in bail-in. Ma se la gestione è offerta dalla banca stessa la tutela sulle disponibilità liquide decade. Adesso che il pastrocchio è stato reso pubblico, il legislatore forse si deciderà di intervenire con più celerità per porre rimedio.