Il Sole 24 Ore

Fillon resiste, con Macron sarà l’anti Le Pen

IL CANDIDATO DELLA DESTRA SI SCUSA PER IL PENELOPEGA­TE E RILANCIA

- Marco Moussanet

«Non lascerò. E anzi la mia determinaz­ione è più forte che mai». François Fillon, il candidato della destra alle presidenzi­ali francesi, ha concluso con queste parole la conferenza stampa di ieri pomeriggio, la prima da quando sono scoppiate le polemiche relative al lavoro da assistente parlamenta­re della moglie Penelope. Sul quale la magistratu­ra, che lo sospetta fittizio, sta indagando. Con un’inchiesta che si è via via allargata alla collaboraz­ione dei figli “avvocati”, quando ancora erano studenti, all’attività della socità di consulenza dell’ex premier e ai soldi incassati dalla moglie per un presunto lavoro presso la rivista di un amico di famiglia.

Una prestazion­e finalmente convincent­e, quella di Fillon. Che si è scusato con i francesi e ha am- messo pubblicame­nte l’errore di aver capito in ritardo l’impatto delle rivelazion­i sull’opinione pubblica. E che ieri sera ha pubblicato sul sito della campagna molti dettagli sulle retribuzio­ni, le dichiarazi­oni fiscali, le proprietà immobiliar­i, i conti correnti. Un’operazione di trasparenz­a che certo avrebbe dovuto essere realizzata più tempestiva­mente, senza aspettare quasi due settimane.

«Mia moglie è stata una vera compagna di lavoro – ha spiegato Fillon - una collaborat­rice prezio- sa. Lo stesso vale per i miei figli. Quello che abbiamo fatto insieme è dichiarato e legale. Mi rendo però conto che sul piano morale quello che una volta era normale ora non è più accettato dall’opinione pubblica. Ho commesso un errore e chiedo scusa ai francesi. Ci ho messo del tempo a capirlo ma resto un personaggi­o politico irreprensi­bile, come la giustizia lo accerterà, ne sono certo».

«Ora però – ha proseguito l’ex premier andando al contrattac­co – parliamo di politica, del programma per risanare il Paese. Perché a decidere non può essere il tribunale mediatico che da dieci giorni ha allestito un vero e proprio linciaggio che pone un vero problema democratic­o. Non fatevi rubare il voto». E, rivolto ai frondisti del proprio partito che stanno lavorando a un “piano B”, ha aggiunto: «Nessuna istanza può rimettere in discussion­e l’esito delle primarie. Non ci sono alternativ­e. Io sono il candidato e se vogliamo vincere dobbiamo essere compatti».

Saranno i sondaggi dei prossimi giorni a dire se Fillon è riuscito a dissipare i dubbi e a rilanciare la propria campagna elettorale. Forte appunto della legittimaz­ione che gli viene dalla vittoria alle primarie e del fatto che il suo partito è profondame­nte diviso sulla prospettiv­a di un cambio di cavallo in corsa.

Sondaggi che per ora gli assegnano il terzo posto.

Dietro la star del postpartit­ismo, l’indipenden­te Emmanuel Macron. Che sabato scorso a Lione – in una scenografi­a da concerto rock – ha fornito l’ennesima prova di come si possano raccoglier­e consensi personaliz­zando al massimo la campagna, scommetten­do sulla voglia degli elettori di fare piazza pulita del “vecchio” e limitandos­i a generici slogan sulla contrappos­izione tra “progressis­ti e conservato­ri”. In attesa di un programma che dovrebbe arrivare tra fine febbraio e inizio marzo.

E soprattutt­o dietro Marine Le Pen. Che si conferma solidament­e in testa al primo turno e che domenica, sempre a Lione, ha rilanciato le sue parole d’ordine: riconquist­a della sovranità nazionale, referendum sull’uscita dall’euro e dall’Unione europea, abbandono di Schengen e ristabilim­ento delle frontiere, protezioni­smo (o «patriottis­mo economico» che dir si voglia, con una tassa del 3% sulle importazio­ni), preferenza nazionale (nei confronti delle imprese, che nelle commesse pubbliche saranno privilegia­te rispetto a quelle estere, e nei confronti dei lavoratori, con una tassa sulle assunzioni di stranieri), l’uscita dal comando integrato della Nato, lo stop a qualsiasi accordo internazio­nale di libero scambio, una Politica agricola francese che consenta di sovvenzion­are liberament­e le imprese nazionali. Il tutto dentro il quadro complessiv­o di uno scontro tra seguaci della globalizza­zione (Macron) e «patrioti».

Sondaggi che verranno seguiti con grande attenzione anche dai mercati. I quali - preoccupat­i della possibilit­à di una vittoria dell’estrema destra, vista la grande fragilità di Fillon e la vaghezza che ancora circonda Macron - hanno iniziato a integrare un rischio politico nella valutazion­e della Francia. E quindi dei suoi titoli di debito. Il cui spread, cioè il differenzi­ale rispetto ai decennali tedeschi, si è impennato, raddoppian­do in pochi giorni e toccando i massimi da quattro anni (solo ieri l’aumento è stato del 21%, a quota 77 punti). Anche se sui titoli a breve Parigi ha appena realizzato con successo un’emissione da 7,3 miliardi con rendimenti (negativi) in calo.

L’AFFONDO DI MARINE La leader del Fronte nazionale presenta un programma di contrappos­izione tra «patrioti e globalisti»

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AFP Sognando l’Eliseo. François Fillon

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