Catalogna, il processo a Mas risveglia gli indipendentisti
A settembre un nuovo voto popolare sulla secessione
Decine di migliaia di catalani hanno accompagnato Artur Mas fino al Tribunale superiore di giustizia di Barcellona dove ieri è iniziato il processo per disobbedienza contro l’ex presidente della regione. Mas che ha governato la Catalogna dal 2010 al 2016 è accusato di avere ignorato il veto della Corte costituzionale di Madrid organizzando il referendum consultivo sull’indipendenza tenutosi il 9 novembre del 2014.
La folla ha continuato poi per ore a cantare Els Segadors, l’inno indipendentista catalano, a sventolare la Senyera, la bandiera giallo-rossa simbolo delle rivendicazioni contro lo Stato centrale spagnolo, invocando «democrazia» e «indipendenza». Il processo a uno dei leader catalani più rappresentativi sta alzando il livello dello scontro tra Madrid e Barcellona.
In aula l’ex presidente della Generalitat ha negato di avere disobbedito alla Consulta di Madrid, che aveva vietato il referendum solo quattro giorni prima della data fissata: «Tutto era già pronto - ha detto Mas - e il governo catalano per evitare il conflitto dopo la sentenza aveva deciso di affidarne l’organizzazione a 4.200 volontari e di considerare la consultazione solo consultiva». Mas ha tuttavia rivendicato tutta la responsabilità politica «per avere organizzato le urne e per avere così consentito al popolo catalano di esprimersi democratica- mente». Nel novembre del 2014 oltre due milioni di catalani parteciparono al referendum, con un’affluenza pari a circa il 40% degli aventi diritto di voto e una vittoria schiacciante, con l’80%, dei sì all’indipendenza.
Mas - incriminato con l’ex-vicepresidente Joana Ortega e l’ex ministra e Irene Rigau - rischia un’interdizione di dieci anni dai pubblici incarichi, ma il processo - che dovrebbe concludersi venerdì - potrebbe aiu- tare la causa indipendentista. «Vedere una figura come Mas, così importante per la Catalogna, affrontare un processo per avere organizzato un voto popolare darà nuovi argomenti ai sostenitori della secessione», spiega Lluis Orriols, analista politico e docente all’Università Carlos III di Madrid. I sondaggi indicano una spaccatura netta tra chi chiede la Catalogna autonoma e chi invece vuole che la regione rimanga a far parte della Spagna.
Per molti catalani il processo a Mas è una provocazione. «Questa è una vicenda che non avrebbe mai dovuto arrivare in un’aula di tribunale, ha detto Carles Puigdemont, il successore di Mas alla presidenza della Catalogna, ieri all’inizio delle manifestazioni. La solida maggioranza indipendentista che dal 2015 governa la regione ha promesso di organizzare un nuovo referendum sull’indipendenza della regione al più tardi in settembre, di nuovo scontrandosi con la Corte costituzionale. «Se il 50% più uno dei voti sarà per il sì, non avremo esitazioni e dichiareremo l’indipendenza della Catalogna», ha affermato Puigdemont nel suo messaggio di inizio anno. E ieri, accompagnando Mas in tribunale, Puigdemont ha ribadito: «Molti di noi si sentono giudicati con Mas. Volevano metterci in ginocchio, ma siamo sempre in piedi». Anche l’attuale presidente del Parlamento catalano, Carme Forcadell, è stata incriminata con l’accusa di «disobbedienza» per avere messo ai voti una risoluzione sul processo di indipendenza.
Per il governo e le istituzioni della Spagna la questione è economica - l’economia catalana vale oltre 200 miliardi di euro, un quinto dell’intero Pil nazionale - ma soprattutto di principio. «Possiamo discutere e confrontarci ma nessuno di noi può mettersi al di sopra della legge», ha detto il premier spagnolo Mariano Rajoy pochi giorni fa, spiegando che il referendum promesso dagli indipendentisti «è illegale e non si svolgerà».
MADRID CONTRO BARCELLONA L’ex governatore è accusato di «disobbedienza» per avere organizzato il referendum del 2014 nonostante il veto della Corte costituzionale