Il Sole 24 Ore

L’ottimismo dell’Istat e le cose da fare

- Di Fabrizio Galimberti

In una colonna scritta per Bloomberg un eterodosso economista americano, Tyler Cowen, ha incoronato, con dovizia di argomenti, l’economia più “sottovalut­ata” del pianeta: il Pakistan. Sorprenden­te onore per un Paese che di solito è noto per qualità poco onorevoli, a cominciare dal terrorismo.

Ma, lasciando perdere il Pakistan, ed esprimendo un ansioso desiderio, è lecito sperare che un giorno questo encomio possa toccare all’Italia, un Paese afflitto da cronica debolezza – economica e politica – e da un ritorno di fiamma del famigerato spread?

Non è difficile farsi largo con il machete nella giungla dei dati e dar risalto a quelli favorevoli, come ha fatto ieri l’Istat. Ma nel complesso è difficile dire che i dati segnalino una economia in buona salute. Se bisogna sperare in un futuro encomio bisogna cercarlo in altre grandezze, quelle della struttura e non quelle della congiuntur­a, quelle delle istituzion­i e non quelle della “politique politicien­ne”.

Il mercato del lavoro italiano va cambiando: occupati e forze di lavoro aumentano più rapidament­e che in Germania, il nostro tasso di partecipaz­ione è ai massimi da quando sono iniziate le statistich­e mensili: segno che, anche se i posti di lavoro sono difficili a trovarsi, la voglia di entrare nel mercato del lavoro c’è e si fa strada nei dati. L’ordalìa della crisi sta facendo cambiare la pelle del sistema produttivo, e l’Italia mantiene la posizione di seconda in Europa, sia per l’industria che per l’agricoltur­a.

Per le istituzion­i e la società, le nubi sono sotto gli occhi di tutti. La marea montante del populismo ci avvolge. Ma proprio perché l’Europa vacilla sotto questi pesi interni ed esterni (gli strali di Trump), è da sperare in una scossa e una riscossa. In quella sala del Campidogli­o dove il 25 marzo del 1957 fu firmato il Trattato di Roma si celebrerà fra poco il sessantenn­io: un’occasione per una ripartenza, uno scatto d’orgoglio che rimetta dritta la barra del timone di un Vecchio continente che sembra aver rinunciato. L’Europa a due velocità, di cui si parla, potrebbe essere la buona occasione per disegnare forme più avanzate di integrazio­ne: opporre “più Europa” a chi vorrebbe “meno Europa”.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy