Cedola e dispositivi di garanzia frenano i ribassi
p Esistono titoli del debito pubblico italiano più “resistenti” di altri alla pressione dell’innalzamento dei rendimenti? Come possono essere individuati? Quali sono le “buone pratiche” di investimento per i risparmiatori? Sono le domande che in queste ore molti piccoli investitori rivolgono alla platea dei consulenti, alla ricerca di opzioni per la quota dei loro portafogli collocata sui titoli di Stato italiani. A parte le considerazioni sull’“elasticità” dei corsi dei singoli titoli alla variazione dei tassi, che cresce con il crescere della durata finanziaria, sul tema di recente si sono esercitati gli analisti di banche e case d’investimento: le loro risposte sono univoche e riguardano la struttura legale del titolo e la cedola che paga.
Un report del 3 febbraio scorso di Morgan Stanley sulla strategia globale in materia di tassi di interesse del reddito fisso focalizza l’attenzione sulla struttura legale dei singoli titoli di Stato. In sostanza, indicano gli analisti, in uno scenario di au- mento del rischio di credito i titoli di Stato italiani da preferire sono quelli a bassa cedola assistiti dalle clausole Cac. Le Cac, o clausole di azione collettiva, sono delle disposizioni che disciplinano le regole dell’eurozona per le procedure di rinegoziazione del debito nel caso di Paesi in difficoltà. Queste regole permettono a uno Stato in difficoltà di ristrutturare interessi e scadenze dei suoi titoli, eventualmente sostituendoli con altri meno onerosi, solo se le modifiche sono approvate da una maggioranza qualificata di obbligazionisti. Sono state introdotte dal Fondo Salva Stati europeo del marzo 2011 e recepite in Italia dal decreto n 96717 del 7 dicembre 2012, entrato in vigore dal gennaio 2013. Si applicano a tutti i titoli di nuova emissione (non le riaperture) di durata superiore a un anno come BTp, Cct e CTz. Secondo l’analisi di Morgan Stanley, i titoli di Stato italiani assistiti dalle Cac e a bassa cedola offrono più valore dei titoli non assistiti e a cedola superiore. In sostanza, rileva l’analisi di Morgan Stanley, a parità di scadenza un portafoglio di BTp a cedola inferiore avrà una performance migliore di uno a BTp ad alta cedola se lo spread BTp-Bund si allarga, ma se lo spread si stringe avrà invece una performance inferiore.
Alla stessa conclusione arriva anche un’analisi del 3 febbraio di UniCredit Research firmata da Luca Cazzulani, deputy head delle strategie per il reddito fisso. Lo studio sottolinea il rischio di natura politica quale fattore «fondamentale per gli spread all’interno dell’area euro sinora quest’anno. La sottoperformance dei BTp e degli Oat ( Obligations assimilables du Trésor, titoli di Stato francesi a lungo termine, ndr) rispetto al gruppo di riferimento è indicativa». Secondo l’analisi «i segmenti a lungo termine delle curve» dei titoli dei Paesi della periferia dell’eurozona «che combinano l’esposizione al credito e alla duration » rivelano che «il divario tra i bond a bassa cedola e a cedola elevata è aumentato, creando le condizioni per un allargamento degli spread, specie nel segmento extra-lungo». Da qui la medesima conclusione: a parità di durata, sono da prediligere i titoli a cedola inferiore.