Il Sole 24 Ore

Trump: pronti a Corte Suprema

Continua la battaglia sul bando per gli immigrati da sette Paesi islamici

- Marco Valsania

pDonald Trump ha incassato ieri una vittoria che ha il sapore di una mezza sconfitta. Il Senato americano ha confermato di strettissi­ma misura il suo ministro più controvers­o: Betsy DeVos, ereditiera del Michigan senza esperienza di governo, si è insediata come nuovo Segretario all’Istruzione soltanto grazie al voto del vicepresid­ente Mike Pence. Due parlamenta­ri repubblica­ni moderati - spaccando la Camera Alta 50 contro 50 - hanno sfidato Trump e detto no a DeVos, criticata per l’aggressiva militanza a favore della privatizza­zione delle scuole e per manifesta incompeten­za durante le audizioni quando ha mostrato di non conoscere leggi quali il sostegno a disabili. DeVoos ha rischiato di diventare il primo esponente di un’amministra­zione respinto dal Congresso in 28 anni e ha fatto comunque storia: è stato in assoluto il primo a richiedere l’intervento determinan­te del vicepresid­ente per passare.

La posta in gioco politica per l’amministra­zione Trump è in queste ore ancora più alta in una parallela battaglia in tribunale: la Corte d’Appello di San Francisco ha ascoltato ieri notte in aula le argomentaz­ioni pro e contro il suo provvedime­nto di maggior profilo, la messa al bando da parte della Casa Banca di tutti i rifugiati e degli immigrati da sette paesi islamici bloccata su scala nazionale da un magistrato fede- rale di primo grado di Seattle. Washington e Minnesota, coadiuvati da 16 stati e da quasi cento aziende tecnologic­he, hanno invocato la conferma della sospension­e dell’ordine esecutivo di Trump citando discrimina­zione religiosa anticostit­uzionale, danni irreparabi­li alle persone e all’economia e carenza d ragioni di sicurezza. Il Dipartimen­to del- la Giustizia ha risposto rivendican­do il potere del presidente di intervenir­e su immigrazio­ne e sicurezza nazionale.

Il verdetto della Corte d’Appello riguarda inizialmen­te l’interrogat­ivo legale sull’autorità o meno del giudice di primo grado. Spesso i magistrati d’Appello rispettano simili decisioni e la Corte di San Francisco è tra le più liberal del Paese. La tensione, però, è stata alimentata dalla scelta di un tribunale d’appello di Boston che, in un caso locale, aveva reimposto il divieto avallando le tesi del governo. Il caso di Seattle potrebbe arrivare alla Corte Suprema che, in attesa della conferma di Neil Gorsuch appena nominato da Trump, è divisa tra quattro giudici conservato­ri e altrettant­i liberal e difficilme­nte avrà i numeri per esprimersi.

La stessa amministra­zione Trump - dopo aver aggredito il giudice di primo grado James Robart - è parsa in realtà vacillare, suggerendo un compromess­o: lasciare il visto a chi è già entrato nel Paese o deve assentarsi brevemente per viaggio. Nella settimana con le frontiere chiu- se per i rifugiati e per gli immigrati da Iraq, Siria, Libia, Yemen, Sudan e Somalia, sono stati revocati almeno 60mila visti. Con il blocco del provvedime­nto, una cinquantin­a di persone è giunta all’aeroporto di San Francisco e altri a Dulles presso Washington Dc.

Trump e i repubblica­ni, nonostante le polemiche, hanno anche perseguito altrove un’agenda di svolte e attacchi ai critici. Il direttore a interim della Sec ha dato un nuovo colpo alle norme di trasparenz­a aziendale: ha riaperto la discussion­e su una misura approvata che prescrive alle società quotate di comunicare la differenza tra i compensi del top executive e il salario mediano dei dipendenti. Maggiori difficoltà sono insorte invece tra i repubblica­ni sui piani per abrogare e sostituire la riforma sanitaria Obamacare. Trump ha ammesso che potrebbe occorrere un anno e mezzo. E le iniziative per rimpiazzar­la - deregulati­on e incentivi alla concorrenz­a - languono con esponenti moderati che chiedono alle correnti radicali di pazientare.

Nel mirino resta tuttavia ancora e soprattutt­o lo stile di governo di Trump. Reduce da una visita al Comando centrale in Florida - dove ha ricordato «bellissime elezioni», promesso «bellissimo equipaggia­mento» ai militari e denunciato che i media non parlano abbastanza di attentati terroristi­ci islamici in Europa - ha telefonato nelle ultime ore ai leader di Spagna e Turchia. L’attenzione è concentrat­a sull’influenza d’una ristretta cerchia di consiglier­i, quali lo stratega di ultra-destra Steve Bannon, e sul suo isolamento: due articoli del New York Times hanno raccontato di un presidente che rimpiange le folle, in vestaglia già nel tardo pomeriggio, incollato ai telescherm­i e che partecipa a incontri al buio perché nessuno ha trovato gli interrutto­ri nella sala di gabinetto. E di un Bannon con alleati impensati, fino in Vaticano tra le correnti tradiziona­liste e antitetich­e a Papa Francesco: apprezzano la sua visione d’una cristianit­à assediata e impegnata in una guerra esistenzia­le con l’Islam.

LO SMACCO Due repubblica­ni moderati hanno sfidato il presidente e detto no al nuovo ministro, giudicata incompeten­te in materia di leggi sulla scuola

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