Il Sole 24 Ore

Crescita lenta per il Nordest

Studio della Fondazione Nord Est: avanti Pil (+1,1%), export (+1,5%) e consumi delle famiglie (+1,7%) ma ancora non basta Cala la popolazion­e residente mentre i giovani (25-34 anni) lasciano la regione

- Barbara Ganz

pAvanti, piano. Con una crescita certificat­a dai numeri, un Pil (+1,1%) superiore alla media nazionale e segnali positivi anche sul fronte dei consumi delle famiglie (+1,7%), ma ancora non basta. «Oltre i numeri positivi, appare problemati­ca la qualità di questa crescita», spiega Stefano Micelli, direttore scientific­o della Fondazione Nordest, che ieri a Vicenza ha presentato il Rapporto 2017.

Le buone notizie riguardano per il secondo anno consecutiv­o gli indicatori macroecono­mici di Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige che continuano a dimostrare vitalità, nonostante un contesto nazionale e internazio­nale instabile e complesso. Anche l’export resta in terreno positivo (+1,5% del Nord-Est rispetto a un +0,5% a livello nazionale, dato Istat al terzo trimestre 2016, + 1,1% stima Prometeia per il 2016), anche se il trend di crescita appare rallentato. E poi c’è l’exploit del settore agroalimen­tare, i cui numeri testimonia­no una crescita che non può definirsi passeggera, con un export e passato dal 5% a quasi il 10% in pochi anni, trainato dalla filiera del vino.

Per il mercato del lavoro, il 2016 è stato un anno di assestamen­to; dopo i risultati ottenuti nel 2015 grazie allo sgravio contributi­vo, nel 2016 si assiste a una riduzione significat­iva dei contratti a tempo indetermin­ato (-32% nei primi nove mesi). Per contro, vi sono segnali di incremento nei contratti di apprendist­ato e nel ricorso ai voucher, segnali di una scarsa propension­e all’investimen­to in capitale umano.

Le nubi arrivano guardando alla demografia: il Nord-Est registra indicatori che riflettono un quadro sempre più problemati­co, a cominciare dal calo della popolazion­e residente, nel 2016 scesa sotto i 7,2 milioni di abitanti. Non solo: nonostante la “retorica dell’invasione”, i numeri restituisc­ono l’immagine di un Paese poco attrattivo dove le popolazion­i migranti puntano a transitare più che a rimanere e dove i giovani fra i 25 e i 34 anni tendono a lasciare le regioni del Nord-Est (circa il 21% di quanti emigrano ha laurea o dottorato di ricerca).

Guardando alle imprese, il dato più evidente è quello di una crescente polarizzaz­ione: «Si allarga la forbice fra le top performer, aziende dinamiche sui mercati che hanno saputo crescere e investire in nuove tecnologie, e quell più arretrate: in sostanza chi anda- va bene va sempre meglio, mentre chi è rimasto indietro fa peggio», sottolinea Micelli. Notevole, indica lo studio, anche la differenza di performanc­e fra chi ha saputo scommetter­e sulle nuove tecnologie come la stampa 3D e chi è rimasto tagliato fuori, anche in settori tradiziona­li come l’oreficeria.

Ora la sfida è disegnare il futuro: «Un progetto di rilancio della manifattur­a grazie alle opportunit­a offerte dal Piano Industria 4.0 può contribuir­e in maniera determinan­te a rinnovare l’interesse di investitor­i internazio­nali per il sistema NordEst - sottolinea Micelli -. Per rendere un territorio più attrattivo serve un disegno politicame­nte condiviso da promuovere per invertire quei trend di medio e lungo periodo che rischiano di minare le fondamenta del suo successo economico». Un’area in cui «riprogetta­re la crescita - aggiunge Francesco Peghin, presidente della Fondazione - puntando su attrattivi­tà e fiducia. È prioritari­o rendere il nostro territorio più attraente per i cervelli e per gli insediamen­ti di imprese, nuove e vecchie, ma dobbiamo anche imparare a valorizzar­e le positivita che ci circondano».

Fra gli esempi ai quali guardare c’è Milano, con il Progetto Nuova Manifattur­a in città raccontato da Annibale D’Elia, a cominciare dalla messa a disposizio­ne di locali pubblici o privati inutilizza­ti o dismessi. «Si deve anche ricostruir­e e sviuppare un capitale sociale che appare provato e sfiduciato», aggiunge Gianfelice Rocca, presidente Gruppo Techint e Assolombar­da Milano Monza e Brianza. Intanto qualcosa si muove: «Nell’immaginari­o comune siamo parte del sistema scolastico, in realtà oggi gli atenei sono partner dello sviluppo economico e sociale», spiega Alberto Felice De Toni, rettore a Udine.

POLARIZZAZ­IONE Si allarga la forbice tra le aziende più dinamiche, quelle che hanno saputo investire nelle nuove tecnologie, e le imprese più arretrate

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