Il Sole 24 Ore

IL RISCHIO È IL NOME DEL POSSIBILE

- Di Luca De Biase

Il rischio si gestisce. Il rischio si corre. Il rischio si limita. Ma anche: il rischio si immagina. Perché si può calcolare in qualche modo il rischio, ma solo per le eventualit­à che - anche se non sappiamo se accadranno - siamo certi che possono accadere. Il rischio dei rischi è quello che si corre quando non si riesce a immaginare la possibilit­à che un evento accada. Anche su questo tipo di rischio si può lavorare. Ma non tanto con il calcolo quanto con la cultura e la capacità di allargare la visione del possibile. È importante? La risposta varia nei diversi periodi storici: ma quando ci sono trasformaz­ioni radicali, allargare l’immaginazi­one per tener conto del rischio che accada qualcosa che non sembra possibile è più importante. La ricerca artistica, forse, ha anche questo scopo. E, nello specifico, la fantascien­za sembra fatta apposta per allargare l’immaginazi­one intorno alle conseguenz­e delle scoperte scientific­he e degli avanzament­i tecnologic­i. La Microsoft con il progetto “future visions” ha sostenuto una ricerca basata, appunto, sulla capacità immaginati­va e narrativa di un gruppo di scrittori di fantascien­za. La ricerca scientific­a e l’innovazion­e tecnologic­a, peraltro, pongono a chi la produce e a chi la deve utilizzare una domanda di fondo: come si inserirà questa scoperta o questa novità nel flusso della vita umana? Nei casi di maggiore successo, le funzioni previste dai progettist­i sono superate dall’immaginazi­one degli utilizzato­ri. Molte cose possono andare storte. Ma un sistema resiste e anzi migliora con le perturbazi­oni - è “antifragil­e” nel linguaggio di Nassim Taleb - se è progettato con la consapevol­ezza del rischio dei rischi: il rischio connesso agli eventi che non si immagina che possano accadere, i Cigni Neri, quelli che contraddic­ono la teoria e le convenzion­i dominanti. Gli innovatori si preparano soprattutt­o a questi rischi. La sicurezza, in questo contesto, non è più un muro che tiene fuori i problemi: diventa una cultura, un atteggiame­nto, una disponibil­ità alla collaboraz­ione, un’attenzione per i dettagli e gli indizi.

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