Elezioni, Renzi considera anche l’opzione settembre Nel Pd scoppia il caso «golf»
pPrima una riunione al Senato di renziani e franceschiniani di Area dem mentre i Giovani turchi di Matteo Orfini e Andrea Orlando si riunivano a parte. Poi una riunione alla Camera di tutti i parlamentari franceschiniani con lo stesso Dario Franceschini. E naturalmente i bersaniani, sempre in allerta e in contatto tra di loro. Il meno che si possa dire è che nel Pd c’è parecchio nervosismo. Come dimostra anche il “caso” nato dallo slittamento dell’assemblea dei deputati democratici, prevista per oggi, a dopo la direzione convocata da Matteo Renzi per lunedì 13 febbraio. Un mancato confronto con il segretario del Pd che è stato visto da molti deputati come un segno di mancanza di rispetto nei loro confronti, mentre da Largo del Nazareno fanno sapere che il caso non esiste dal momento che non era stata fissata alcuna riunione dei deputati con Renzi. E la minoranza è sul piede di guerra in Senato, dove i numeri per il governo sono più risicati, come dimostra il non voto dei tre bersaniani in commissione Finanza sulla garanzia di 97 milioni concessa alla Ryder Cup di golf con il decreto “salva-risparmio” (si veda pagina 21).
Il tema che sottende a tanta agitazione è sempre lo stesso: la data delle prossime elezioni politiche. Come scritto dal Sole 24 Ore nei giorni scorsi, il percorso che Renzi intende sottoporre al Pd nella direzione di lunedì inizia con un bivio: primarie per la premiership a marzo per andare alle urne a giugno oppure, prendendo più tempo, vero e proprio congresso del Pd e urne dopo. Non è un mistero che Renzi e i suoi puntino alla finestra elettorale di giugno, per vari motivi: a giugno, se nel frattempo non si scioglieranno le Camere, ci sarà il referendum abrogativo sui voucher e il governo si esporrebbe ad un’altra sconfitta; a fine settembre i parlamentari alla loro prima legislatura (438 alla Camera e 191 al Senato) matureranno il diritto al vitalizio e il Pd rischierebbe di restare vittima della propaganda grillina; e, soprattutto, entro il 15 ottobre il governo dovrà sottoporre a Bruxelles una manovra finanziaria che si annuncia particolarmente pesante (solo 19,6 miliardi per disinnesca- re l’aumento dell’Iva). Un passaggio che agli occhi del leader Pd e dei dirigenti e ministri a lui più vicini richiede un governo passato per il voto popolare e insediatosi da poco piuttosto che un governo “in scadenza”. Per questo Renzi ha proposto ai maggiorenti, a partire da Franceschini e Orlando, una sorta di patto: sì al premio alla coalizione invece che alla lista, che di suo il leader del Pd preferisce, in cambio di una rapido percorso verso le elezioni a giugno.
È un percorso fattibile? Ieri sera, durante la riunione con i parlamentari che fanno a lui riferimento, Franceschini ha ribadito la sua posizione: va bene votare a giugno, ma occorre il premio alla coalizione perché solo così il Pd ha la possibilità di ambire al 40% raccogliendo con sé il fronte europeista, Alfano compreso. Ma per votare a giugno le Camere devono essere sciolte a metà aprile: si fa in tempo ad approvare la nuova
FRANCESCHINI Confermato l’ok a votare a giugno, ma occorrono il premio di coalizione e un accordo che oltre alla Lega coinvolga anche Fi
legge elettorale? Con un accordo con una parte dell’opposizione sì, è la risposta. Ma non basta il via libera della Lega, serve anche quello di Forza Italia.
Un percorso accidentato e dall’esito incertissimo, dunque. Per questo nei ragionamenti di Renzi spunta un’altra possibilità: le urne a settembre. In Francia si voterà in primavera, mentre in Germania si voterà appunto il 24 settembre. Una data inedita per la storia politica italiana e che i più danno per infattibile per via della sessione di bilancio che inizia a metà ottobre. Eppure nei Palazzi che contano l’ipotesi c’è. E dal punto di vista di Largo del Nazareno permetterebbe al Pd una campagna elettorale sul tema dell’Europa, sulla scia dei risultati francesi e della contemporanea campagna tedesca. Segnando con chiarezza la distinzione tra chi, come il Pd, l’Europa la vuole riformare e chi, come il M5S e la Lega, la vuole abbattere.