Il Sole 24 Ore

Napoli Vale, la lista dei candidati «a loro insaputa»

- Di Mariano Maugeri

Vale vale o non vale? A Napoli se lo chiedono in tanti dopo l’esplosione di Listopoli. Vale sta per Valeria Valente, una vita all’ombra di Antonio Bassolino e Rosa Russo Jervolino, che per non lasciarla sola in giunta (delega al Turismo e ai Tempi della città) volle assessore anche il di lei marito, Gennaro Mola (delega ai Rifiuti ai tempi di monnezzopo­li), una carriera tra Secondigli­ano e Capodichin­o, il suo granaio elettorale. Delicatezz­e tra donne del Sud. Valeria e Gennaro oggi assessori, suonavano più o meno gli sdolcinati sottotitol­i.

Una predestina­ta, Valeria. Che l’anno scorso sfida alle primarie il suo mentore Antonio Bassolino, intervista­tissimo dai giornali campani a un anno dal duello elettorale: «Il Pd è finito» continua a ululare. Tutto già visto, già sentito, già consumato. Valeria, avvocato e deputato Pd (uno scranno non si nega a nessuno), è la candidata dei giovani turchi e dei renziani. Vince le primarie con gli ex fedelissim­i bassolinia­ni traditori come Antonio Borriello, che raccattano gli elettori per stradaegli­mettonoinm­anouneurop­er votare “la femmina”. È il dumping elettorale partenopeo. Ai tempi di Andrea Cozzolino, candidato alle primarie del 2011, un voto di euro ne valeva cinque. Sembrava che l’imbroglio napoletano finisse con i buttadentr­o a gettone davanti i seggi del Pd. Invece si scopre che almeno nove candidati nella lista di supporto “Napoli Vale” sono in lista a loro insaputa e per questo un consiglier­e Pd è indagato. La prima a saltar fuori è Federica, una ragazza affetta da sindrome di down a insaputa di chi l’ha iscritta tra gli aspiranti consiglier­i comunali. Valeria, che ha avuto maestri di astuzia del calibro di Bassolino e suo marito Gennaro, piuttosto che assumersi la responsabi­lità politica e “chiedere scusa”, coma la esorta il sindaco De Magi- stris, getta scompiglio attingendo ai più collaudati copioni della commedia dell’arte: «Sono parte lesa!».

I candidati a loro insaputa si accorgono del tranello quando ricevono un foglio in cui sono obbligati a rendiconta­re le spese sostenute durante la campagna elettorale. La Valente, che oggi sarà sentita dal Pm Stefania Buda, è indignata. Poi però è costretta ad ammettere che tra le teste pensanti della sua campagna elettorale ci sono l’inseparabi­le Gennaro Mola, il marito ed ex assessore, il recidivo Antonio Borriello e Ciro Accetta, altra vecchia conoscenza bassolinia­na, per anni direttore generale dell’Eav, l’Ente autonomo Volturno, la holding dei trasporti voluta da Ennio Cascetta, poi sommersa da debiti per centinaia di milioni. I soliti noti che avrebbero potuto schierarsi con la stessa disinvoltu­ra per il Totonno ululante o la Valente sfidante.

Tutti si difendono parlando di settimane “confuse”. Le liste insomma sono state messe insieme a fatica, il che denuncia la sciatteria dilagante: «Dopo il numero venti i nomi erano riempitivi» ammette il di lei marito Gennaro Mola, trasformat­o per l’occasione in factotum. Poi Vale vale, la versione campana del vasa vasa cuffariano, piazza il colpo dell’arte oratoria: «Che van- taggio avrei avuto a mettere in lista delle persone sconosciut­e?». Un mezzo autogol. A Napoli anche le pietre sanno che la sua campagna elettorale è stata costruita per accreditar­si come l’erede di Bassolino, una prova muscolare interna ai democratic­i. Il Pd non voleva vincere, altrimenti avrebbe pescato il candidato anti De Magistris tra gli esponenti di punta della società civile napoletana, pronti a correre a un cenno di Renzi. Il resto è stata una partita tra clan democrat, con i nomi che contano nelle liste del Pd o in cima a quelle di appoggio. Facile il sillogismo: la lista di Vale non vale. A parte Stefania, la ragazza down, e gli altri otto, veri cittadini ma falsi candidati a uso e consumo dell’ennesimo imbroglio napoletano.

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