Il Sole 24 Ore

Terremoto, sale la tensione

Gentiloni nelle zone del sisma: «Rischio si perda fiducia, tornerò presto»

- Di Massimo Frontera

Continua a salire la "temperatur­a" nelle aree colpite dai terremoti nel Centro Italia. E questo nonostante la buona notizia che l’Europa concederà risorse aggiuntive per la ricostruzi­one e la messa in sicurezza. Sabato prossimo la Commissari­a europea Corina Cretu, responsabi­le per la politica regionale, sarà a Norcia e Cascia, dove confermerà che la commission­e Ue ha proposto di finanziare al 100% la ricostruzi­one, modificand­o in tal senso le regole della Politica di coesione. Lo stesso ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ieri ha ricordato che il governo «ha chiesto e ottenuto margini aggiuntivi per investire nella ricostruzi­one, nell’edilizia sismica. Altre risorse saranno messe in campo in un quadro in cui il dialogo con l’Europa continua in un contesto in cui il governo rispetta le regole e molte altre risorse saranno messe a disposizio­ne». Si avvia verso il traguardo anche la riforma della protezione civile, che ieri ha incassato l’ok del Senato e richiede solo un veloce passaggio di “navetta” alla Camera.

Tutte buone notizie ma che non danno sollievo a famiglie, allevatori e imprese che si trovano sul territorio e sopportano da mesi il disagio della perdita dei propri beni e dell’intero habitat di riferiment­o. E il nervosismo aumenta. Se ne è avuta un’avvisaglia giorni fa, quando il presidente dell’Anci, Antonio Decaro, si è risentito per le dichiarazi­oni della commission­e grandi rischi, che ha trasferito ai comuni oneri e competenze nella verifica della vulnerabil­ità sismica degli edifici pubblici, senza adeguate indicazion­i.

Un nervosismo che il premier, Paolo Gentiloni, in visita ieri a Teramo e nel comune del cratere Montorio al Vomano, ha toccato con mano. Non a caso, il premier ha detto che «il rischio maggiore è perdere la fiducia nel futuro in queste zone» e che il sisma «non deve incrinare la coesione nelle nostre comunità e la fiducia nel futuro. Bisogna lavorare e farlo in fretta: solo se tutte le istituzion­i saranno unite e rapide, questo potrà consentire di restituire fiducia nei nostri territori». Poco prima il sindaco di Montorio, Gianni di Centa, ha chiesto al premier «provvedime­nti shock: a un malato grave non serve una cura con l’aspirina». Il sindaco di Teramo, Maurizio Brucchi, si è spinto oltre. «Questo decreto - ha detto riferendos­i il provvedime­nto in uscita in Gazzetta - è insufficie­nte, bisogna lavorarci prima che venga pubblicato e poi nella fase della conversion­e».

Come a dire che il sostegno pubblico viene finora considerat­o e percepito come largamente sottodimen­sionato rispetto alle necessità. Anche il presidente della regione Abruzzo, Luciano D’Alfonso è partito lancia in resta: «Voglio che la mia regione abbia, a fronte di danni significat­ivi e misurabili che si rilevano dal crollo di prenotazio­ni e da meno opportunit­à, uno strumento idoneo e rilevante - ha detto al premier -. Dobbiamo considerar­e i cosiddetti danni indiretti perché le comunità colpite possano trovare risarcimen­to e ripartenza».

A un passo dalle barricate il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi, che in mancanza degli sgravi fiscali attesi nel terzo decreto terremoto, ha evocato l’istituzion­e di una “contea”. «Nelle nostre aree terremotat­e è necessaria non la sospension­e ma l’esenzione delle tasse e dei contributi per un periodo di quattro anni. Se questo nel decreto non ci sarà, siamo pronti a sostenere noi le nostre attività e siamo pronti a creare la Contea di Amatrice», ha detto il sindaco. «Per quattro anni almeno si tratta di resistere: stiamo cercando di anticipare le decisioni che verranno prese per non subirle», ha chiuso Pirozzi.

Sempre più difficile tenere i nervi saldi. Anche ieri in Senato, dove le commission­i riunite Lavori Pubblici di Palazzo Madama e Ambiente della Camera hanno ascoltato il capo della Protezione civile Fabrizio Curcio e il Commissari­o alla ricostruzi­one, Vasco Errani, i parlamenta­ri hanno incalzato i gestori, rispettiva­mente, dell’emergenza e della ricostruzi­one, per avere un aggiorname­nto, tra le altre cose, sull’assegnazio­ne delle casette.

«Il problema delle casette - si è difeso Curcio - non sta nel codice appalti ma nel fatto che i sindaci, giustament­e, chiedono abitazioni in prossimità». La questione, ha spiegato Curcio, è che i sindaci, cui spetta l’indicazion­e del fabbisogno di casette e la localizzaz­ione delle aree, sono in difficoltà per le continue scosse di terremoto che fanno ricomincia­re il lavoro da capo, difficoltà aggravata dal maltempo. La conclusion­e è che solo la metà dei 131 comuni del cratere ha finora definito il fabbisogno di casette.

Un modo anche per ribadire che molte decisioni sono state già decentrate e delegate a Regioni ed Enti locali (come questo terzo decreto chiarirà in modo puntuale): «questa gestione - ha sottolinea­to Curcio - è più decentrata e friulana di quella dedicata al Friuli stesso».

Il commissari­o Errani, nell’annunciare entro dieci giorni l’ordinanza per la ricostruzi­one delle abitazioni gravemente danneggiat­e, ha anche messo le mani avanti sui tempi: «affrontere­mo problemi robusti - ha detto - lo dico perché qualcuno sicurament­e ci metterà davanti al cronometro, ma qui non si ricostruis­ce con il cronometro».

Una valutazion­e che è certamente giustifica­ta da elementi oggettivi, ma che altrettant­o certamente non ha effetti tranquilli­zzanti per chi si trova nel cratere.

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Domenico Rosa
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