Terremoto, sale la tensione
Gentiloni nelle zone del sisma: «Rischio si perda fiducia, tornerò presto»
Continua a salire la "temperatura" nelle aree colpite dai terremoti nel Centro Italia. E questo nonostante la buona notizia che l’Europa concederà risorse aggiuntive per la ricostruzione e la messa in sicurezza. Sabato prossimo la Commissaria europea Corina Cretu, responsabile per la politica regionale, sarà a Norcia e Cascia, dove confermerà che la commissione Ue ha proposto di finanziare al 100% la ricostruzione, modificando in tal senso le regole della Politica di coesione. Lo stesso ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ieri ha ricordato che il governo «ha chiesto e ottenuto margini aggiuntivi per investire nella ricostruzione, nell’edilizia sismica. Altre risorse saranno messe in campo in un quadro in cui il dialogo con l’Europa continua in un contesto in cui il governo rispetta le regole e molte altre risorse saranno messe a disposizione». Si avvia verso il traguardo anche la riforma della protezione civile, che ieri ha incassato l’ok del Senato e richiede solo un veloce passaggio di “navetta” alla Camera.
Tutte buone notizie ma che non danno sollievo a famiglie, allevatori e imprese che si trovano sul territorio e sopportano da mesi il disagio della perdita dei propri beni e dell’intero habitat di riferimento. E il nervosismo aumenta. Se ne è avuta un’avvisaglia giorni fa, quando il presidente dell’Anci, Antonio Decaro, si è risentito per le dichiarazioni della commissione grandi rischi, che ha trasferito ai comuni oneri e competenze nella verifica della vulnerabilità sismica degli edifici pubblici, senza adeguate indicazioni.
Un nervosismo che il premier, Paolo Gentiloni, in visita ieri a Teramo e nel comune del cratere Montorio al Vomano, ha toccato con mano. Non a caso, il premier ha detto che «il rischio maggiore è perdere la fiducia nel futuro in queste zone» e che il sisma «non deve incrinare la coesione nelle nostre comunità e la fiducia nel futuro. Bisogna lavorare e farlo in fretta: solo se tutte le istituzioni saranno unite e rapide, questo potrà consentire di restituire fiducia nei nostri territori». Poco prima il sindaco di Montorio, Gianni di Centa, ha chiesto al premier «provvedimenti shock: a un malato grave non serve una cura con l’aspirina». Il sindaco di Teramo, Maurizio Brucchi, si è spinto oltre. «Questo decreto - ha detto riferendosi il provvedimento in uscita in Gazzetta - è insufficiente, bisogna lavorarci prima che venga pubblicato e poi nella fase della conversione».
Come a dire che il sostegno pubblico viene finora considerato e percepito come largamente sottodimensionato rispetto alle necessità. Anche il presidente della regione Abruzzo, Luciano D’Alfonso è partito lancia in resta: «Voglio che la mia regione abbia, a fronte di danni significativi e misurabili che si rilevano dal crollo di prenotazioni e da meno opportunità, uno strumento idoneo e rilevante - ha detto al premier -. Dobbiamo considerare i cosiddetti danni indiretti perché le comunità colpite possano trovare risarcimento e ripartenza».
A un passo dalle barricate il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi, che in mancanza degli sgravi fiscali attesi nel terzo decreto terremoto, ha evocato l’istituzione di una “contea”. «Nelle nostre aree terremotate è necessaria non la sospensione ma l’esenzione delle tasse e dei contributi per un periodo di quattro anni. Se questo nel decreto non ci sarà, siamo pronti a sostenere noi le nostre attività e siamo pronti a creare la Contea di Amatrice», ha detto il sindaco. «Per quattro anni almeno si tratta di resistere: stiamo cercando di anticipare le decisioni che verranno prese per non subirle», ha chiuso Pirozzi.
Sempre più difficile tenere i nervi saldi. Anche ieri in Senato, dove le commissioni riunite Lavori Pubblici di Palazzo Madama e Ambiente della Camera hanno ascoltato il capo della Protezione civile Fabrizio Curcio e il Commissario alla ricostruzione, Vasco Errani, i parlamentari hanno incalzato i gestori, rispettivamente, dell’emergenza e della ricostruzione, per avere un aggiornamento, tra le altre cose, sull’assegnazione delle casette.
«Il problema delle casette - si è difeso Curcio - non sta nel codice appalti ma nel fatto che i sindaci, giustamente, chiedono abitazioni in prossimità». La questione, ha spiegato Curcio, è che i sindaci, cui spetta l’indicazione del fabbisogno di casette e la localizzazione delle aree, sono in difficoltà per le continue scosse di terremoto che fanno ricominciare il lavoro da capo, difficoltà aggravata dal maltempo. La conclusione è che solo la metà dei 131 comuni del cratere ha finora definito il fabbisogno di casette.
Un modo anche per ribadire che molte decisioni sono state già decentrate e delegate a Regioni ed Enti locali (come questo terzo decreto chiarirà in modo puntuale): «questa gestione - ha sottolineato Curcio - è più decentrata e friulana di quella dedicata al Friuli stesso».
Il commissario Errani, nell’annunciare entro dieci giorni l’ordinanza per la ricostruzione delle abitazioni gravemente danneggiate, ha anche messo le mani avanti sui tempi: «affronteremo problemi robusti - ha detto - lo dico perché qualcuno sicuramente ci metterà davanti al cronometro, ma qui non si ricostruisce con il cronometro».
Una valutazione che è certamente giustificata da elementi oggettivi, ma che altrettanto certamente non ha effetti tranquillizzanti per chi si trova nel cratere.