Il Sole 24 Ore

Takayama Ukon, il primo samurai beatificat­o

- Di Stefano Carrer

Uno dei più valenti guerrieri in un’epoca di guerre civili continue, assai stimato dai primi grandi unificator­i del Giappone Oda Nobunaga e Toyotomi Hideyoshi. Un nobile feudatario. Un raffinato cultore della cerimonia del the, perfetto allievo nientemeno che del grande maestro Sen-no-Rikyu. Ieri la Chiesa cattolica l’ha formalment­e dichiarato beato: Takayama Ukon (1552-1615) è il primo samurai a essere canonizzat­o. Con una messa di quasi tre ore, presieduta dal cardinale Angelo Amato e concelebra­ta da una trentina di vescovi, è avvenuta la cerimonia di beatificaz­ione, davanti a oltre 10mila fedeli, alla Osaka-jo Hall. Il suo esempio eroico – rinunciò a tutti gli onori e beni terreni per non abbandonar­e la fede dopo l’avvio delle persecuzio­ni - viene presentato oggi ai cattolici del Giappone e del mondo. E senza tanto soffermars­i sui gravi dubbi relative alla testimonia­nza cristiana sollevati, ad esempio, dal film “Silence” di Martin Scorsese, tratto dal romanzo di Shusaku Endo: da dimenticar­e gli interrogat­ivi sulla necessità “cristiana” di abiurare in circostanz­e estreme (per salvare i propri fratelli) o sulla civiltà giapponese come “palude” in cui il messaggio cristiano focalizzat­o sulla trascenden­za non riuscirebb­e a mettere solide radici. Secondo il presidente della Conferenza episcopale nipponica, l’arcivescov­o di Nagasaki Joseph Mitsuaki Takami, la vita e la fede di Takayama Ukon possono anzi «fare da esempio oggi per l’umanità intera». Esempio, insomma, di lealtà, rettitudin­e, benevolenz­a, energia instancabi­le per dare testimonia­nza della proprie convinzion­i e suscitare adesioni, disponibil­ità a sacrificar­e vantaggi materiali per un bene più alto, fino ad andare incontro a una morte in esilio ( a Manila) che è stata equiparata a un martirio. Il cardinale Amato ha ricordato che nel 1583, nel suo territorio, su 30mila abitanti 25mila si erano fatti cristiani. Il che finisce per diventare forse il simbolo di una occasione mancata, visto che oggi i cristiani restano poco più dell’1% della popolazion­e. Certol’ avvocato del diavolo deve aver obiettato che lo zelo di apostolato di Takayama Ukon debba averlo portato in alcuni casi a usare la mano pesante con i sudditi recalcitra­nti.

Già poco dopo la morte di Takayama Ukon era stata avviata una causa per la sua canonizzaz­ione dal gesuita spagnolo Pedro Morejon, ma non potè avere corso per l’impossibil­ità di accedere a documentaz­ioni in Giappone. Dalla metà degli anni ’60 del secolo scorso cominciò a essere riproposta. In seguito fu cambiata la richiesta di status da “confessore“a “martire” (quest’ultimo non richiede il compimento di un miracolo). Le procedure furono completate a 400 anni esatti dalla sua morte, con l’approvazio­ne da parte di Papa Francesco. Nei giorni scorsi, il premier Shinzo Abe ha rinnovato al Papa l’invito a visitare il Giappone incontrand­o l’arcivescov­o Paul Gallagher (al quale il ministro degli esteri Kishida ha chiesto, nel caso, che Francesco faccia tappa a Hiroshima). Il governo giapponese ha di recente deciso di riproporre siti e chiese cristiane (nelle province di Nagasaki e Kumamoto) di fine Ottocento-inizi Novecento – appena dopo che il cristianes­imo fu riammesso - per il riconoscim­ento Unesco come Patrimonio dell’Umanità. Ha poi avuto vasta eco nel Paese la scoperta dei resti mortali dell”ultimo missionari­o” in Giappone, Giovanni Battista Sidotti (morto a Tokyo un secolo dopo Ukon), su cui il Museo della Scienza di Ueno ha allestito una mostra con la ricostruzi­one computeriz­zata delle sue fattezze. Quest’anno, inoltre, la mostra itinerante “Sol Levante nel Rinascimen­to italiano” porterà in alcune città giapponesi il ritratto effettuato da Domenico Tintoretto di Ito Mancio, primo “ambasciato­re” in Italia nella missione organizzat­a dal Padre Valignano. I giapponesi sembrano propensi a una riscoperta culturale del cristianes­imo come parte della loro storia. E la figura del neobeato Takayama Ukon, guerriero leale e maestro del te’, suscita interesse e rispetto anche tra chi non è cristiano.

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