Il visto umanitario va concesso anche a profughi «estranei»
pGli Stati Ue sono obbligati a rilasciare visti umanitari a cittadini di Paesi terzi anche se non c’è un legame tra il Paese membro e il richiedente. Nel segno della tutela di diritti fondamentali e valori umanitari. È l’Avvocato generale della Corte di giustizia Ue, Paolo Mengozzi, a dirlo nelle conclusioni depositate ieri nella causa C-638/16, con cui Lussemburgo, almeno per ora, restringe la discrezionalità degli Stati nel rilascio di visti per ragioni umanitarie.
Erano stati due cittadini siriani e i loro tre bimbi, in fuga da Aleppo, a chiedere alle autorità belghe un visto a validità territoriale limitata per ragioni umanitarie. L’istanza era stata respinta dall’ufficio stranieri e, prima di decidere, il Consiglio belga del contenzioso degli stranieri, cui si erano rivolti i siriani, ha chiesto alla Corte di giustizia di chiarire gli obblighi degli Stati in base al diritto Ue per la concessione di visti per ragioni umanitarie. L’Avvocato generale, le cui conclusioni non sono vincolanti per la Corte anche se in genere sono seguite dai suoi giudici, ha ampliato i margini per la concessione dei visti umanitari. Respingendo le posizioni allarmiste di numerosi Governi intervenuti nel procedimento che hanno bollato come «fatale per l’Unione» una decisione che obbliga gli Stati al rilascio dei visti. Per l’Avvocato generale, le norme Ue parlano chiaro: l’articolo 25 del regolamento 810/2009, che istituisce un codice comunitario dei visti, impone agli Stati di concedere un visto, con validità territoriale limitata, a cittadini di Paesi terzi, se ci sono ragioni umanitarie. Quindi, in tutte le situazioni in cui ci siano motivi seri per ritenere che il rifiuto potrebbe esporre i richiedenti a trattamenti disumani e degradanti. D’altra parte, osserva l’Avvocato , nell’applicare il codice, gli Stati devono tener conto della Carta dei diritti fondamentali Ue, divenuta vincolante col Trattato di Lisbona: l’articolo 4 stabilisce che nessuno può essere sottoposto a trattamenti disumani e degradanti. Di qui la conclusione che il codice non lascia agli Stati margine di discrezionalità sulla concessione dei visti per ragioni umanitarie in linea anche con l’articolo 18 della Carta che riconosce il diritto di asilo.
Gli Stati, tra l’altro, hanno ob-
LE MOTIVAZIONI Il regolamento Ue impone agli Stati di concedere l’ingresso a prescindere dal fatto che l’interessato abbia un legame con loro
blighi positivi nella concessione della protezione umanitaria, quindi devono adottare ogni misura necessaria a raggiungere l’obiettivo. Così – aggiunge l’Avvocato generale – gli Stati non possono condizionare il visto all’esistenza di un legame tra loro e il richiedente.
Valutare l’esistenza di ragioni umanitarie, precisa l’Avvocato generale, compete agli Stati, ma tenendo conto che nel caso siriano il dramma è noto e i civili sono in situazione apocalittica. Quindi il rifiuto del visto e l’assenza di misure adeguate esporrebbe i richiedenti a pericoli e sofferenze, in chiara violazione della Carta dei diritti fondamentali e degli obblighi positivi del diritto Ue.