Il Sole 24 Ore

Come investire nei titoli di Stato con lo spread a 200

Negli ultimi mesi il rendimento dei bond italiani è raddoppiat­o: da rivedere le scelte di portafogli­o

- Cellino e Borzi

Quando lo spread torna a far parlare di sé è naturale che nella mente dei risparmiat­ori riaffiorin­o certi dubbi di un passato non lontano. Certo, in questi giorni si ragiona su un differenzi­ale di rendimento fra il BTp e il Bund decennale di 200 punti base e non di oltre 500 punti come nel novembre 2011, quando la solvibilit­à dell’Italia era messa in discussion­e. Non c’è dubbio però che qualche riflesso sugli investimen­ti di quanti ancora hanno in portafogli­o i titoli del Tesoro c’è stato, e ci sarà ancora: un impatto che forse è meglio analizzare in modo approfondi­to, perché quello ciò si vede (e di cui si parla) rischia di essere soltanto la punta di un iceberg.

Prima di tutto occorre però fare chiarezza: quando si parla di investimen­ti, il valore da tenere d’occhio non è tanto quello dello spread, che è un indicatore relativo di come si muove il debito del nostro Paese nei confronti della Germania, ma il rendimento del BTp stesso che si ha in portafogli­o. E qui l’effetto degli ultimi 6 mesi è se possibile ancora più marcato, perché mentre lo scarto fra il Bund e il BTp è cresciuto da quota 112 a 200, il tasso del decennale italiano è più che raddoppiat­o dai minimi storici di agosto passando dall’1,05% al 2,38 per cento. Le attese per un ritorno dell’inflazione e per un conseguent­e allentamen­to delle misure di stimolo da parte della Bce hanno infatti spinto al rialzo anche gli stessi rendimenti tedeschi, cresciuti da -0,12% a 0,37% creando una sorta di «effetto base» al quale poi si sono sommate le incertezze legate espressame­nte allo scenario politico futuro italiano.

L’impatto sui prezzi

Fin qui si ragiona in termini di tassi di un’obbligazio­ne, che hanno come è noto una relazione inversa con i suoi prezzi di mercato. E quando si misura la differenza tra i massimi raggiunti ad agosto e i valori odierni lo scarto diventa davvero rilevante, perché il BTp decennale di cui si parlava poc’anzi è sceso di oltre il 10% da quota oltre quota 100 ai poco più di 90 centesimi di ieri. E per chi avesse compiuto la scelta infelice di puntare sul primo 50ennale collocato dal Tesoro lo scorso ottobre con tempismo eccezional­e (per le casse dello Stato) il bilancio sarebbe ancora più pesante, perché il prezzo in questo caso gira attorno agli 80 centesimi rispetto ai 100 dell’emissione: quello che però è stato ribattezza­to «Matusalemm­e Bond» era e rimane un titolo adatto a investito- ri istituzion­ali e sconsiglia­bile per i risparmiat­ori.

Quanto conta la scadenza

Non è certo un caso se l’impatto è più rilevante quando la scadenza è maggiore, perché la sensibilit­à del prezzo di un titolo obbligazio­nario alle oscillazio­ni del suo tasso è tanto più elevata quanto lunga è la sua durata residua. A ogni aumento del rendimento dell’1% corrispond­e per esempio un ef- 7È la relazione che lega i tassi di interesse dei titoli con le rispettive scadenze. In condizioni normali, la curva tende a essere inclinata positivame­nte, con i tassi a lungo termine (verso i 10 anni) più elevati di quelli a breve termine (entro 2-3 anni). Più lontana è la scadenza, infatti, maggiore deve essere la remunerazi­one del debito. Nella fase più acuta della crisi del debito italiano, la curva dei rendimenti arrivò paradossal­mente ad appiattirs­i. fetto negativo sul prezzo del 2,653% quando il BTp è a 2 anni, dell’8,187% se è a 10 anni e del 16,779% se è a 30 anni. È quindi un vero e proprio iceberg del quale si scorge soltanto la punta, ovvero il tasso (o lo spread), ma spesso si ignora l’ampiezza della variazione del prezzo, che poi è ciò che veramente fa la differenza per il risparmiat­ore.

Detto questo, occorre notare che si parla comunque di un impatto potenziale quando si ha in mente di detenere i titoli fino alla scadenza: salvo il caso di un’insolvenza dello Stato (che francament­e è al momento un’ipotesi davvero improbabil­e) le cedole resteranno invariate e il rimborso avverrà comunque a 100. Le cose cambiano, e non di poco, per chi invece pensa di vendere il titolo prima della scadenza, perché in questa ipotesi se lo si è acquistato vicino ai valori massimi sarà verosimilm­ente molto complicato rivedere a quei prezzi e realizzare una perdita in conto capitale è un rischio più che concreto.

LO SCENARIO Per il «cassettist­a» il BTp rappresent­a ora un’opzione migliore rispetto ad alcuni mesi fa, meno per chi intende fare trading sui titoli

Le occasioni (per cassettist­i)

Il rovescio della medaglia, questa volta dal punto di vista di una famiglia che deve effettuare un investimen­to e non confermarl­o, è che con il nuovo scenario i rendimenti dei BTp sono tornati a offrire un rendimento un minimo accettabil­e, positivo dalla scadenza dei due anni in avanti, e possono quindi essere presi di nuovo in consideraz­ione per essere inseriti in un portafogli­o. Chi ha avuto la fiducia (o il coraggio) di investire in titoli del Tesoro all’apice della crisi del debito di 5 anni fa a posteriori ha fatto una scelta davvero azzeccata.

Oggi però la situazione non è la stessa, ed è anche il caso di aggiungere per fortuna: lo spread è a 200 e non a 500 come già accennato e chi acquista in questa fase non lo fa certo sui massimi, ma a valutazion­i che storicamen­te non si possono comunque ancora definire «da saldo». Tradotto in soldoni, per il tipico «cassettist­a» il BTp rappresent­a oggi sicurament­e un’occasione migliore rispetto a qualche mese fa. Lo scenario globale (e anche europeo), caratteriz­zato da un’inflazione in accelerazi­one e una Bce che dovrà prima o poi iniziare a ridurre quei riacquisti che hanno sostenuto i prezzi dei bond sovrani, sembra invece non giocare a favore di chi intende fare «trading» sui titoli: meglio quindi andarci cauti.

 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy