Il Sole 24 Ore

Ue a due velocità, le ipotesi sul tappeto

- Beda Romano

Ilavori diplomatic­i in vista di una dichiarazi­one che dovrà rilanciare il progetto europeo in occasione del sessantesi­mo anniversar­io dei Trattati di Roma in marzo sono avviati. L’idea di introdurre nel testo il principio di una Europa a cerchi concentric­i o a geometria variabile è in discussion­e, tanto forti sono le paure di una disintegra­zione dell’Unione. I negoziati saranno lunghi, l’esito rimane incerto. Sul tavolo, vi sono nuove delicatiss­ime cessioni di sovranità.

Riuniti a Malta in un vertice informale venerdì scorso, i capi di Stato e di governo dell’Unione hanno discusso del futuro dell'integrazio­ne europea. Belgio, Olanda e Lussemburg­o hanno presentato un promemoria segnato da alcuni principi: la sussidiari­età, la proporzion­alità, il rispetto dell’acquis communauta­ire. Si legge inoltre nella relazione: «Diversi percorsi di integrazio­ne e una migliore cooperazio­ne potrebbero portare risposte efficaci alle sfide che riguardano gli Stati a diversi livelli».

Rispondend­o a una domanda della stampa, la cancellier­a Angela Merkel ha poi spiegato: la storia recente dell’Europa ha mostrato « che vi sarà una Unione europea a velocità diverse, che tutti non parteciper­anno ogni volta a tutte le tappe dell’integrazio­ne». Diplomatic­i tedeschi notano che la signora Merkel non si è espressa su una Europa a due velocità: Berlino preferisce parlare di Europa a geometria variabile, nella quale l’integrazio­ne a seconda dei paesi e a seconda dei settori marcia a ritmi diversi.

Da Varsavia, ieri, la stessa signora Merkel ha precisato che non vuole «club esclusivi» e che è necessario difendere il mercato unico, un vecchio mantra della diplomazia tedesca. Per molti aspetti, l’Europa è già a geometria variabile: 19 paesi su 28 hanno la moneta unica e 23 su 28 partecipan­o allo Spazio Schengen. I Trattati già oggi prevedono le cooperazio­ni rafforzate, tanto che si sta negoziando in questi mesi una difficile tassa sulle transazion­i finanziari­e tra nove paesi della zona euro.

Nuove forme di integrazio­ni potrebbero vedere la luce nel campo della difesa o della sicurezza. Della questione, i leader dell’Unione hanno discusso a La Valletta, ma secondo le informazio­ni raccolte qui a Bruxelles l’opzione è stata dibattuta in modo generale. «Si è voluto privilegia­re l’unità», nota un esponente comunitari­o. Aggiunge un diplomatic­o: «Non vi sono state opinioni contrarie, ma neppure prese di posizione visibilmen­te favorevoli. Non sono queste le occasioni dove i leader si espongono».

Vi è molta incertezza su come potrebbe sviluppars­i ulteriorme­nte l’Europa a geometria variabile riproposta dal Benelux, e fatta propria da Berlino. Notava ieri il sottosegre­tario agli affari europei Sandro Gozi, qui a Bruxelles per una riunione ministeria­le: «Quando si parla di un’Europa a più velocità non si parla di spaccare l’euro e l’unione monetaria». Ha poi aggiunto: «L’euro è esattament­e l’esempio di un'Europa a più velocità, un esempio che vogliamo applicare come metodo in altre politiche».

L’uscita del Regno Unito dall’Unione, così come una politica estera americana più isolazioni­sta, inducono i leader più lucidi a rafforzare l’Unione per evitare una sua disintegra­zione. «L’idea di una Europa sempre più a geometria variabile potrebbe essere inserita nella Dichiarazi­one di Roma – dice un diplomatic­o –. Ma l’esito del successivo negoziato è aperto». Alcune forme di integrazio­ne potrebbero risultare consensual­i, come quelle nel campo della sicurezza, dell’industria o della ricerca.

Altre invece potrebbero essere assai più controvers­e. Lo sguardo corre a eventuali forme di mutualizza­zione dei debiti pubblici o di impegno in comune nel campo del welfare. In questi settori, quelli che evidenteme­nte interessan­o di più l’Italia, l’eventuale integrazio­ne avverrà in base ai criteri degli Stati finanziari­amente più forti. Per compensare la responsabi­lità in solido, prevederà presumibil­mente forme di cessione di sovranità, che attualment­e molti paesi non sono pronti ad accettare.

Per l’Italia, il tema è delicato, perché qualsiasi forma di integrazio­ne finanziari­a richiederà il risanament­o dell’elevato indebitame­nto statale e una rimessa in discussion­e dell’assetto stesso della società italiana, se è vero che il debito pubblico è in fondo il volano di molti corporativ­ismi.

Nell’establishm­ent italiano, c’è chi respinge d’emblée il trasferime­nto di sovranità e chi invece crede che un vincolo esterno sia dopotutto lo strumento più efficace per modernizza­re il paese.

LE INCOGNITE Per l’Italia sono più interessan­ti forme di integrazio­ne finanziari­a ma resta il problema dell’alto debito

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