Il Sole 24 Ore

Gentiloni: l’austerity non sia l’unico parametro Ue

Gentiloni a Londra con Theresa May: «Abbiamo bisogno di un’Unione flessibile»

- Di Leonardo Maisano

«Differenti gradi di ambizione». Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ritocca con una pennellata di fantasia la metafora della costruzion­e europea che (forse) verrà, destinata a reggersi su un’integrazio­ne scandita da diversi livelli di aspirazion­e. La nuova versione dell’Europa a cerchi con- centrici (quella a più velocità è, crediamo, fuorviante perché implica il primato di Paesi in fuga e le debolezze di Paesi inseguitor­i) è stata illustrata da Paolo Gentiloni a Londra.

pIl presidente del Consiglio era a Londra nel corso di una missione che lo ha visto pranzare a Downing Street con la signora premier Theresa May e poi intrattene­re gli ospiti della London School of Economics.

L’urgenza di un’integrazio­ne europea segnata dal rispetto di volontà spesso disomogene­e non è stato l’unico tema di una missione che ha visto Roma tendere la mano a Londra in preda ai tremori della Brexit, ribadire l’esigenza di una politica di immigrazio­ne comune, sottolinea­re il rischio della minaccia populista in un mondo di grande complessit­à, inadatto alle esemplific­azioni demagogich­e che sbocciano in mezzo Continente. Temi accompagna­ti da notizie secche come il sostanzial­e “no” all’ipotesi della partecipaz­ione di Vladimir Putin al prossimo G7 di Taormina considerat­a per ora «irrealisti­ca» dal presidente del Consiglio e la constatazi­one che «il governo (italiano n.d.r.) è in carica, ha il totale sostegno del Parlamento.. ed è nella pienezza dei suoi poteri».

Paolo Gentiloni non ha escluso che la Brexit si risolverà in «una trattativa non facile, punteggiat­a da molti temi di discussion­e». Tuttavia il presidente del Consiglio intervenen­do per la prima volta sul divorzio voluto da Londra è stato secco. «Sono certo che Ue e Regno Unito gestiranno un processo complesso, che ci porta in territori inesplorat­i, come partner leali», ha detto riprendend­o il mantra che Theresa May non si stanca di riprendere: Londra esce dalla Ue, ma non dall’Europa.

Un assist che Downing Street si attendeva, scoprendo, magari, di avere nell’Italia quello che potrebbe essere il “poliziotto buono” al tavolo di Bruxelles, dove non mancherann­o, nella geografia dei tatticismi negoziali, tanti “poliziotti cattivi”. La replica britannica è andata nella direzione dei temi che a Roma più premono. «Spero – ha detto Theresa May – in un nuovo approccio ai flussi migratori da parte del G7 a guida italiana». Un dramma che il capo del governo ha stigmatizz­ato e che ha posto fra i sostanzial­i fallimenti dell’integrazio­ne Ue quando ha ricor- dato che «fino al 2015 l’Ue non aveva una politica comune». Da allora ha cominciato ad averla sotto la spinta e per volontà del governo italiano di Matteo Renzi.

Per Paolo Gentiloni la Brexit ha chiarito senza più dubbi che fra i partner ci sono differenti livelli di ambizione. «Dobbiamo muoverci – ha detto - con decisione con i Paesi membri che vorranno farlo…abbiamo bisogno di un’Unione flessibile, riformata, unita dove diversi gradi di integrazio­ne possono coesistere con successo. Questo è ciò che vogliamo raggiunger­e in occasione dell’anniversar­io del Trattato di Roma». Il capo del governo italiano è stato netto nel riaffermar­e l’obiettivo di “unione politica” della Ue. Una dinamica che – sul fronte economico – ci impone di non pensare solo «in termini di austerità perché è dannoso. E su questo – ha aggiunto - sono certo che non siamo lontani». Lotta alle asimmetrie e una migliore governance dell’Eurozona sono dunque «impegni essenziali».

La sfida del populismo è stata uno dei punti centrali del discorso del presidente del Consiglio italiano, una sfida a cui i riformisti devono dare una risposta, soddisface­ndo la domanda «popolare che nutre» le parole d’ordine più demagogich­e. La via, per Gentiloni, passa dall’integrazio­ne europea prossima ventura dei Ventisette – o di chi ne avrà l’ambizione – via che il presidente del Consiglio italiano ha riconosciu­to non essere affatto agevole.

L’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca dovrebbe trasformar­si, nella lettura della cronaca d’Oltreatlan­tico illustrata da Gentiloni a Londra, in una nuova chance per i Ventisette. «Un’ottica più circoscrit­ta entro i confini nazionali della nuova amministra­zione Usa – ha detto - è una grande opportunit­à per l’Europa». L’ora della sveglia per un’Unione che dovrà rispondere alla secessione britannica e al disimpegno americano, trovando la forza di unirsi. Cominciand­o magari dalla difesa e dalla sicurezza ora che Washington si sente meno obbligata verso la Nato. Tema, va detto, che ha storicamen­te svelato il verminaio d’Europa. Non sarà più così? Il merito, non c’è dubbio, andrebbe, per quanto paradossal­e, ascritto alle impennate che ci va regalando Donald Trump.

IL G7 DI TAORMINA Al momento è «irrealisti­ca» l’idea di una partecipaz­ione di Vladimir Putin al summit in programma in Sicilia a fine maggio

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Senza rancore. Paolo Gentiloni e Theresa May a Downing Street

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