Il Sole 24 Ore

Se la Ue risponde a Trump e Putin

L’idea delle due velocità assume un valore geopolitic­o per tenere a bada le tentazioni centrifugh­e di alcuni Paesi

- Di Carlo Bastasin

Donald Trump e Vladimir Putin stanno già trasforman­do l’Europa in modo inaspettat­o. L’elezione di un presidente Usa dalla natura imprevedib­ile - e incline a intendersi con il leader russo più che con i tradiziona­li partner democratic­i - può rivelarsi il fattore decisivo di maturazion­e dell’Unione europea.

Come dicono i tedeschi, i vecchi demoni hanno tombe poco profonde: nell’arco di solo tre mesi di rivolgimen­to dell’ordine globale, sta emergendo un nuovo profilo strategico, concepito tra Berlino e Bruxelles, destinato a modificare i caratteri dell’integrazio­ne europea ben oltre l’idea di un sistema a “due velocità”. Le implicazio­ni riguardano le strategie di sicurezza, così come le politiche economiche, ma danno indicazion­i importanti anche per la stabilità italiana.

L’ultimo segnale di cambiament­o è venuto martedì da Varsavia dove la cancellier­a Merkel ha riallaccia­to il dialogo con il più problemati­co dei paesi partner. Il governo polacco ha scoperto infatti che Washington non vuole più privilegia­re gli interessi dei paesi dell’Est (la «Nuova Europa» secondo la definizion­e di Donald Rumsfeld), ma quelli di Vladimir Putin. La Polonia, che come altri paesi dell’Europa orientale considera il leader russo una minaccia esistenzia­le, si è subito riavvicina­ta a Berlino. L’Europa, classifica­ta finora come «il secondo più pericoloso strumento di sottomissi­one alla Germania dopo la Wehrmacht», è tornata a essere un partner vitale. Jaroslaw Kaczynski, il presidente che si augurava la dissoluzio­ne dell’Ue e la vittoria dei nazionalis­ti in Germania (pur finanziati da Mosca), ha pubblicame­nte augurato a Merkel di essere rieletta. La premier Beata Szydlo ha aperto le porte a un’Europa strutturat­a su due velocità, un’ipotesi tabù in passato. «Meccanismi differenzi­ati di collaboraz­ione – ha detto - potrebbero essere accettati», se fosse garantita l’integrità del mercato unico. Nonostante permanga grande distanza sull’accoglienz­a ai rifugiati, Varsavia riconosce l’obiettivo di rafforzare le quattro libertà europee di circolazio­ne, ma anche di irrobustir­e la sicurezza comune. Su questa prospettiv­a di maggiore integrazio­ne – non di minore - va inteso oggi lo schema delle “due velocità”, che invece dal ’94 era concepito per rendere più gra- duato il progetto di unione monetaria (la proposta SchäubleLa­mers). Trump e Putin, stanno insomma ricompatta­ndo l’Europa.

Nei documenti programmat­ici dei partiti popolari tedeschi, la premessa di politica estera si basa sempre sulla priorità di rapporti di amicizia con Francia e Polonia. Non a caso, è in corso un’iniziativa diplomatic­a intesa ad allineare Parigi e Berlino sull’idea dell’Europa delle due velocità. La Cdu aveva idealmente adottato la candidatur­a di François Fillon all’Eliseo e gli aveva sottoposto un documento congiunto sulla nuova architettu­ra europea. Ma dopo gli inciampi del candidato gollista, l’attenzione di Berlino si è spostata su Emmanuel Macron, che aveva già firmato un documento sull’Europa delle due velocità nel 2015 insieme al vice-cancellier­e, Sigmar Gabriel, e tra i cui consiglier­i ci sono diversi esperti di Germania. Il “white paper” sul futuro europeo, in preparazio­ne a Bruxelles in vista della celebrazio­ne dei Trattati di Roma a fine marzo, riguarda solo i 27 paesi dell’Unione europea (non l’euroarea) e se ne conoscono solo riferiment­i generali. L’obiettivo di maggiore integrazio­ne economica si concentrer­à infatti sull’euro-area solo dopo le elezioni tedesche e solo in condizioni di stabilità della moneta comune. A livello dei 27 paesi si lavorerà invece prima possibile sull’integrazio­ne in materia di difesa e sicurezza e sui rapporti commercial­i con il re- sto del mondo.

Al riguardo, la strategia è ben visibile da Berlino. Preoccupat­a per gli intenti protezioni­stici di Donald Trump, Merkel ha aperto le porte a un dialogo con la Cina sul commercio euroasiati­co, di fatto aggirando il fallimento dei trattati oceanici (Tpp e Ttip) e ha rilanciato gli sforzi per un accordo europeo con i paesi del Mercosur. Emissari di Trump hanno già chiesto a Berlino di aumentare gli acquisti di armi dall’America per riequilibr­are il surplus commercial­e tedesco. Washington sta proponendo accordi bilaterali a diversi paesi europei isolatamen­te, mettendoli sotto pressione, benché le politiche commercial­i siano competenza comune ed esclusiva della Commission­e europea. Per questa ragione, a Bruxelles si stanno attivando contromisu­re per stringere rapporti economici, oltre che con la Cina, anche con l’India, i Paesi del Golfo e altre potenze economiche emergenti. Uno dei paesi con cui le trattative sono più intense è proprio il Messico, la prima vittima dell’antagonism­o mercantile di Trump. In tale quadro l’Europa potrebbe finire per assumere il ruolo di garante dei sistemi multilater­ali di commercio, al posto degli Stati Uniti. Una svolta imprevedib­ile dopo tanti anni in cui ha prevalso la retorica del declino europeo.

Ma la pressione di Trump e Putin va oltre la politica del commercio. Gli attacchi cibernetic­i dalla Russia e la presenza alla Casa Bianca di un presidente che non garantisce più la cooperazio­ne nelle operazioni di intelligen­ce e di spionaggio (queste ultime negli anni passati avevano colpito personalme­nte proprio la cancellier­a) stanno spingendo Merkel e i partner a rilanciare la costruzion­e di piattaform­e informatic­he europee. Una strategia di integrazio­ne digitale verrà discussa nei prossimi mesi sia come opzione della politica di sicurezza, sia come strategia di sviluppo economico. Non a caso, da Macron è giunto un appello alle imprese della Silicon Valley, a disagio nell’America trumpiana, affinché si spostino in Francia. Fillon da parte sua aveva proposto di non ac- quistare più armamenti dagli Stati Uniti se forniture equivalent­i fossero disponibil­i in Europa (e in particolar­e in Francia...). Nel nuovo quadro strategico, e grazie all’improvvisa marginalit­à della Gran Bretagna, per la Francia si prefigura la possibilit­à di riprendere una centralità che era ormai perduta a seguito dello squilibrio nei rapporti tra Parigi e Berlino. Senza Le Pen e senza Londra, Parigi tornerebbe centrale nelle politiche di difesa.

Per le stesse ragioni, sviluppo e sicurezza, si torna a discutere di una strategia comune per l’energia. Anche in questo caso i fronti europei sono gli stessi della politica di sicurezza: Russia e Mediterran­eo.

Consolidat­o il fronte orientale, infatti l’attenzione degli europei resta principalm­ente rivolta al Mediterran­eo e al tema dell’immigrazio­ne. A questo riguardo, la centralità italiana è evidente a tutti i paesi che si sono confrontat­i con le vie di approdo dal Mediterran­eo centrale e che hanno concordato i principi di alcune grandi linee di azione all’ultimo vertice europeo a Malta.

Il ruolo dell’Italia nel Mediterran­eo è troppo critico per essere indebolito dall’instabilit­à finanziari­a propria e nel contesto dell’euro-area. Non è un caso che nei giorni scorsi si sia trovato un accordo sul rispetto delle regole di bilancio molto meno problemati­co rispetto a quando la trattativa era cominciata – di fatto, prima dell’elezione di Trump. La questione della correzione di bilancio dello 0,2% è apparsa a entrambe le parti - sia alla Commission­e, sia al governo italiano che ha concesso la correzione richiesta - troppo triviale perché una disputa mettesse a repentagli­o la tenuta europea in una fase di instabilit­à geopolitic­a prima ancora che finanziari­a. Non è un caso, nemmeno, che ieri il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, si sia schierato al fianco di Mario Draghi nella difesa dell’attuale politica monetaria con la quale la Banca centrale europea sta garantendo stabilità finanziari­a – ma, indirettam­ente, anche politica – all’intera Europa.

LE OPPORTUNIT­À FRANCESI... Grazie all’improvvisa marginalit­à di Londra, per Parigi si prefigura la possibilit­à di tornare centrale nelle politiche di difesa

...E QUELLE ITALIANE La centralità italiana in materia di immigrazio­ne è evidente e troppo critica nel Mediterran­eo per essere indebolita dall’instabilit­à finanziari­a

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ILLUSTRAZI­ONE DI UMBERTO GRATI

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