Il Sole 24 Ore

Così la Corte lascia la scelta ai partiti

- di Roberto D’Alimonte

Tanta attesa pernulla. Chisiaspet­tava che la Consulta fornisse indicazion­i per armonizzar­e i sistemi elettorali di Camera e Senato è rimastodel­uso.

La Corte si è limitata ad affermare che «i sistemi adottati, pur se differenti, non devono ostacolare, all’esito delle elezioni, la formazione di maggioranz­e parlamenta­ri omogenee». Su come raggiunger­e questo obiettivo i giudici non dicono nulla. Né avrebbero potuto farlo. Sono i partiti che devono assumersi la responsabi­lità di disegnare due sistemi elettorali che possano ragionevol­mente favorire la creazione di maggioranz­e omogenee. Ma nel caso italiano, come abbiamo scritto più volte, questo obiettivo non può essere raggiunto fino a quando i deputati saranno eletti da chi ha diciotto anni e i senatori da chi ne ha venticinqu­e. Le maggioranz­e omogenee non dipendono solo dall’armonizzaz­ione dei sistemi elettorali, ma anche dall’armonizzaz­ione dei corpi elettorali. E questo richiede una riforma costituzio­nale.

Ma c’è di più. Le maggioranz­e omogenee indicate dalla Consulta non sarebbero garantite nemmeno nel caso in cui i sistemi elettorali e i corpi elettorali delle due camere fossero gli stessi perché in ogni caso l’offerta elettorale sarebbe diversa. Una diversa offerta elettorale nelle due camere può da sola produrre esiti diversi. E questo per il semplice motivo che di questi tempi il comportame­nto degli elettori è talmente volubile che non è detto che gli stessi elettori votino nello stesso modo in due arene diverse. Il problema è alla radice. Due camere con gli stessi poteri, ed elette con sistemi elettorali che “devono” produrre lo stesso risultato per non compromett­ere la funzionali­tà del sistema politico, non hanno più senso. Non è di maggioranz­e omogenee che abbiamo bisogno, ma di una unica maggioranz­a che dia la fiducia al governo in una unica camera. Come avviene in tutte le democrazie europee.

Adesso i partiti non hanno più alibi. Prima è arrivata la sentenza. Ora ci sono le motivazion­i. Il quadro è quello che conosciamo. Abbiamo due sistemi elettorali diversi, ma non troppo diversi da impedire il voto subito. Sarebbe meglio renderli meno diversi. Ma non sarà facile. Alcune cose però si possono fare “facilmente”. Ne indichiamo tre.

La prima è citata dalla stessa Consulta. Il sorteggio per decidere quale collegio debba rappresent­are il candidato eletto in più collegi può essere sostituito da una norma che preveda che il collegio sia quello in cui il plurielett­o abbia preso più voti. La seconda modifica riguarda la rappresent­anza di genere: nella legge elettorale della Camera ci sono norme che tutelano l’equilibrio tra i sessi; vanno trasposte con i dovuti aggiustame­nti al Senato. La terza modifica è relativa alla selezione dei candidati al Senato. In questa arena i

IL VERO NODO Difficili in ogni caso maggioranz­e omogenee con due Camere che danno la fiducia al governo

candidati sono eletti tutti con il voto di preferenza. Le circoscriz­ioni in cui devono raccoglier­e i voti corrispond­ono alle regioni. Questo va bene in Basilicata, ma non in Lombardia. Raccoglier­e voti di preferenza in una regione ampia come la Lombardia costringe i candidati a campagne elettorali costose e rischiose. Meglio dividere le regioni più grandi in più circoscriz­ioni. Non sono queste le modifiche che possono servire a creare maggioranz­e omogenee, ma sono modifiche possibili e utili. Per le altre il cielo può attendere.

Da ultimo una nota sul ballottagg­io e la motivazion­e della Consulta per cancellarl­o. Pensavamo che la Corte si sarebbe limitata a dichiarare irragionev­ole che una camera sia eletta con un sistema a due turni e l’altra no. Invece ha scelto una giustifica­zione che ignora totalmente il dibattito sulla moderna teoria della democrazia. Nelle 100 pagine della sentenza questo è il punto più interessan­te. Ne riparlerem­o.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy