Nagel: 17-18 euro è il prezzo per vendere il 3% di Generali
L’istituto chiude il semestre con utili in crescita del 30%
pSul tavolo, al consiglio Mediobanca di mercoledì, c’erano solo i conti del semestre, chiuso con un utile netto in crescita del 30% a 418 milioni, mentre i ricavi - 1.072 milioni (+6%) - sono al record storico. Il Cet1 è al 12,3%, contro il requisito minimo (Srep) indicato dalla Bce nel 7%. Risultati sottolineati dal rialzo del titolo in Borsa che, dopo aver toccato gli 8 euro, ha chiuso a 7,88 (+1,61%). Però nella conferen- ce call di ieri l’ad Alberto Nagel non ha potuto sottrarsi alle numerose domande sul tema Generali, oggetto di recente attenzione da parte di Intesa-SanPaolo. Anche se la risposta è stata di rito: «Ci atteniamo al piano», che prevede la cessione del 3% sulla quota oggi del 13%. Quando, a fine 2015, aveva iniziato a vendere i titoli sul mercato il prezzo medio era stato di 17,8 euro. «Quello, se volete, è un riferimento».
p «Mediobanca dismetterà il 3% di Generali entro il 30 giugno 2019 e conserverà il 10% residuo che è una fonte di utile per azione e dividendo importante», ha risposto dunque Nagel agli analisti. A chi chiedeva se Piazzetta Cuccia appoggerebbe un piano di espansione del Leone, Nagel ha ricordato che negli ultimi 15 anni la compagnia ha fatto 27 miliardi di acquisizioni. «Noi siamo sempre favorevoli alla crescita - ha sottolineato - Bene fare l’M&A, ma poi bisogna farlo rendere».
Sulla contesa Vivendi-Mediaset, che vede contrapposti due azionisti del patto di sindacato - Vincent Bolloré e la Fininvest della famiglia Berlusconi - Nagel ha precisato che «Mediobanca non si schiera con alcun socio, in particolare in operazioni che riguardino loro stessi». «La mia valutazione come uomo di investment banking è che le operazioni di concentrazione vanno fatto in maniera amichevole e concordata - ha però aggiunto - perchè la stati- stica dice che operazioni non cordate sono molto più costose e hanno un rischio di esecuzione molto più elevato». L’ad ha anche detto che non ci sono segnali di disimpegno da parte dei soci del patto, « anzi, il contrario » . Nè da Bolloré, nè da UniCredit, che sono i due principali azionisti. «Con UniCredit - ha aggiunto - intratteniamo rapporti an- che professionali particolarmente proficui. Il riferimento è all’aumento di capitale in corso - che vede Mediobanca nel consorzio di garanzia - «n’operazione ben impostata che gode dell’apprezzamento degli investitori e che avrà esito positivo».
Un accenno in conference è stato fatto anche al fondo Atlante, pensato per aiutare le banche italiane a superare fasi di criticità anche sul fronte delle sofferenze. «Apprezziamo lo sforzo non facile, per non dire titanico - ha osservato l’ad di Mediobanca - ma è legittimo avere dubbi su una soluzione tipicamente italiana in un mercato che è globale».
Per quanto riguarda i conti del semestre, il margine d’interesse è cresciuto del 5% a 636 milioni, trainato dal credito al consumo - nel comparto il margine è salito del 13% a 408 milioni - che pesa sulla voce per il 65%. In crescita del 4% a 237 milioni le commissioni nette, grazie anche all’apporto dell’area Wealth management - +43% a 90 milioni - che, dopo il consolidamento di Barclays e Cairn Capital, contribuisce per il 40% alle commissioni del gruppo. I costi - stabili su base omogenea - salgondo da 420 a 464 milioni per il consolidamento delle attività acquisite, mentre le sinergie sono ancora da sprigionare.
La qualità del portafoglio crediti è confermata da una serie di indicatori. Le rettifiche calano del 18% a 184 milioni, con il costo del rischio che scende ai livelli pre-crisi da 136 a 102 punti base: ciò significa che le rettifiche su crediti rappresentano solo l’1% del portafoglio crediti nella media del periodo. I crediti dubbi (coperti al 55%) rappresentano il 2,5% del totale degli impieghi contro il 10,5% del sistema. Le sole sofferenze (coperte al 69%) sono pari allo 0,4% degli impieghi.
All’utile netto - 418 milioni, superiore del 10% al consensus degli analisti - hanno contribuito 114 milioni di realizzi/svalutazioni di azioni, che si riferiscono principalmente al dimezzamento all’1,4% della quota in Atlantia (110,4 milioni di plusvalenza). Il saldo finale sconta, in altra direzione, i 50 milioni di contributo straordinario al fondo di risoluzione bancario. L’utile netto dell’area corporate e investment banking è stato di 126 milioni (+19%); l’area consumer (Compass) ha visto il risultato salire del 75% a 123 milioni; il wealth management che include CheBanca! ha quasi raddoppiato a 49 milioni; le partecipazioni hanno prodotto un utile di 242 milioni (+5%).
FUSIONI E ACQUISIZIONI L’ad: «Generali negli ultimi 15 anni ha fatto 27 miliardi di acquisizioni», «va bene fare l’M&A, ma poi bisogna farlo rendere»