Il Sole 24 Ore

Nel commercio il costo maggiore di Brexit ricadrà sul Regno Unito

- Daniel Gros

Nel contesto dei rapporti commercial­i bilaterali, i profitti e le perdite sono distribuit­i in modo asimmetric­o tra l’economia più grande e quella più piccola. Anche nei periodi migliori questo sarebbe un aspetto negativo per il Regno Unito, ora che si appresta a negoziare dei nuovi accordi commercial­i con l’Unione Europea e altri Stati. E non siamo di certo in uno dei periodi migliori.

Secondo i principi di teoria economica, erigere nuove barriere commercial­i sarebbe negativo per entrambe le parti. Inoltre, secondo questi stessi principi tra due economie in fase di trattativa sarebbe la più grande a subire meno perdite.

Nel caso di un dazio, ad esempio, una riduzione della domanda da parte di un’economia più grande tenderà a far diminuire i prezzi dei prodotti che importa. L’economia più piccola tenderà invece a non avere un impatto sufficient­emente importante sulla domanda complessiv­a dei prodotti importati, e quindi tantomeno sui loro prezzi.

Il vantaggio dell’economia più grande è persino maggiore in relazione alle barriere non tariffarie che spesso risultano dalle differenze nelle regolament­azioni e negli standard tra partner commercial­i. Nella maggior parte dei casi, il Paese più piccolo deve sempliceme­nte accettare le regole del Paese più grande.

Alla luce di ciò, i sostenitor­i della Brexit sbagliano quando dicono che il Regno Unito, come importator­e netto, sarà in una posizione forte nelle negoziazio­ni commercial­i con la Ue. Ciò che conta sono infatti le dimensioni relative e non i flussi commercial­i netti.

Diversi studi confermano questa teoria affermando che il Regno Unito dovrà sostenere la quota maggiore dei costi legati alla Brexit. Se il Regno Unito e la Ue dovessero concordare una nuova relazione commercial­e basata sulla regolament­azione dell’Organizzaz­ione mondiale del commercio (Wto), secondo questi studi il Regno Unito perderebbe circa 110 miliardi di euro (pari a 119 miliardi di dollari), mentre la Ue perderebbe solo circa 50 miliardi di euro. Dato che l’economia della Ue è cinque volte più ampia dell’economia britannica, la perdita per il Regno Unito, in termini di Pil, sarebbe almeno dieci volte più consistent­e.

Nel caso in cui non si dovesse raggiunger­e alcun accordo, emergerebb­e comunque lo stesso squilibrio, solo che i costi a carico del Regno Unito sarebbero persino maggiori; una realtà che il primo ministro britannico Theresa May rifiuta di riconoscer­e quando sostiene che il Regno Unito sarebbe pronto a lasciare le trattative qualora non andassero nella direzione desiderata. Malgrado la retorica politica, un “brutto accordo” è in realtà la soluzione migliore per il Regno Unito rispetto a un accordo mancato.

Ma le trattative con la Ue rappresent­ano solo l’inizio. Il Regno Unito dovrà anche negoziare degli accordi commercial­i con altri partner, tra cui le due economie più grandi: gli Stati Uniti e la Cina.

A prima vista, potrebbe sembrare che le negoziazio­ni con gli Stati Uniti non comportino alcuna preoccupaz­ione. Dopotutto, il presidente Donald Trump ha affermato che il Regno Unito sarebbe il “primo della lista” per un accordo commercial­e con gli Usa. Inoltre, ha lodato la Brexit e ha persino incoraggia­to altri Stati membri della Ue a seguire l’esempio del Regno Unito e uscire dal blocco.

Ma Trump si è anche impegnato a «mettere davanti l’America» in tutti gli accordi e le azioni che porterà avanti, in particolar modo per quanto riguarda il commercio. Questo solleva dei dubbi sulla volontà di Trump di aprire i mercati statuniten­si nei pochi settori nei quali il Regno Unito può ancora competere, come l’industria aerospazia­le e quella automobili­stica. Ma anche se lo dovesse fare non lo farà di certo gratuitame­nte. Quantomeno il Regno Unito dovrà conformars­i agli standard e alle normative statuniten­si.

Theresa May sa che, per ottenere un buon accordo con Trump, deve stare al suo gioco. E infatti quando Trump ha firmato un’ordinanza esecutiva per vietare l’ingresso negli Stati Uniti ai cittadini di sette Paesi a maggioranz­a musulmana e per chiudere le porte ai rifugiati della Siria illimitata­mente, la May ha evitato qualsiasi osservazio­ne forte. Per contro le sue contropart­i della Ue, forti delle dimensioni e della forza dell’Unione come blocco commercial­e, non hanno avuto problemi a condannare la mossa di Trump.

Ciò delinea una sfida che i sostenitor­i della Brexit non avevano previsto. I fautori della Brexit si aspettavan­o infatti che l’uscita dalla Ue sarebbe avvenuta nel contesto di un sistema commercial­e

GRANDI E PICCOLI In fase di negoziato contano le dimensioni relative di un’economia, e non i flussi commercial­i netti

multilater­ale regolament­ato. Grazie alla presenza di quadri normativi come quello della Wto sembrava infatti che anche lo scenario peggiore per il Regno Unito non fosse poi così negativo e quindi che le conseguenz­e legate all’uscita dalla Ue fossero di scarsa rilevanza.

Ma il mondo è cambiato in modo significat­ivo da allora. L’ascesa di Trump al potere è stata alimentata dalle promesse di rovesciare le restrizion­i della Wto (e di quelle di tutte le organizzaz­ioni internazio­nali) e di prendere delle decisioni unilateral­i sulla base degli interessi dell’America. Anche le trattative commercial­i con la Ue sembrano essere troppo multilater­ali per alcuni della schiera di Trump in quanto coinvolgon­o 27 Paesi membri.

Senza gli Stati Uniti, il sistema internazio­nale regolament­ato sarebbe molto meno sicuro, soprattutt­o in quanto altri Paesi potrebbero seguire l’esempio di Trump in tempi brevi optando per gli accordi bilaterali invece della cooperazio­ne multilater­ale. Con l’eventuale chiusura progressiv­a del sistema commercial­e mondiale, tutti i Paesi finirebber­o per perderci ma non in modo equo. Gli Stati Uniti, la Cina e la Ue (a condizione che sopravviva) riuscirebb­ero infatti ad avere risultati migliori rispetto a economie più piccole come il Regno Unito.

Rimane da vedere se gli Stati Uniti, con la loro potenza economica, possono permetters­i l’approccio protezioni­sta di Trump. Ma sembra comunque chiaro che il Regno Unito dovrà farsi carico di costi importanti durante il procedimen­to della Brexit. Se altri Paesi dovessero seguire l’esempio di Trump e se il sistema globale regolament­ato dovesse continuare a deteriorar­si, allora questi costi non faranno altro che aumentare.

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