Renzi: voto a giugno o subito il congresso
Schema A: rapido ritocco alla legge elettorale con l’introduzione della possibilità di coalizione anche alla Camera, come proposto da Dario Franceschini, poi primarie per la premiership e infine elezioni politiche a giugno. Schema B: se non si vuole votare a giugno, slittando così a fine legislatura per via della sessione di bilancio, allora si riparte dal partito, celebrando il congresso anticipato rispetto alla scadenza statutari adi dicembre, e per definire le modifiche alla legge elettorale si attende l’esito del congresso.
A pochi giorni dalla direzione del Pd convocata da Matteo Renzi per dire una parola definitiva (almeno si spera) sul percorso che attende il partito e il governo Gentiloni nei prossimi mesi, gli schemi per affrontare la battaglia interna continuano a sovrapporsi nei brain storming del leader dem con i fedelissimi. Ma la possibile svolta, che fa uscire dall’angolo un segretario piuttosto sotto tiro nelle ultime settimane, è maturata nella tarda serata di mercoledì. Ed è una sfida che non è rivolta tanto ai bersaniani quando alle correnti del Pd che appoggiano la sua leadership: quelle in particolare che fanno riferimento a Franceschini (Area dem, circa 100 parlamentari) e al Guardasigilli Andrea Orlando (una parte dei “giovani turchi”, per il resto schierati con il presidente del partito Matteo Orfini). Proprio i big della maggioranza, infatti, lo avevano tra gli altri frenato sull’ipotesi congresso anticipato (Renzi aveva già parlato del 26 feb- braio come data per le primarie aperte) all’indomani della sconfitta al referendum costituzionale il 4 dicembre: le elezioni politiche sono vicine - è stata allora l’argomentazione di molti nel Pd - e non possiamo arrivarci sulla scia di un congresso lacerante, da resa dei conti interna con la minoranza. Arrivati a questo punto, con la sentenza della Consulta che ha chiarito il quadro sulla legge elettorale, tirare avanti senza sparigliare sarebbe stato esi- zia le per Renzi:e dunque osi va rapidamente ad un accordo sul loschema Franceschini della coalizioneschema al quale per la verità Renzi non crede molto, essendo affezionato all’idea del partito a vocazione maggioritaria - oppure si accantona per un po’ la questione della legge elettorale per concentrarsi sul necessario chiarimento interno al partito. E dopo sarà il P da fare la su aproposta. Nona caso ieri sera Orlando frenava su entrambe le opzioni: «La priorità non è né il congresso né la legge elettorale, ma una grande conferenza programmatica sulla piattaforma fondamentale».
«Il referendum del 4 dicembre ha segnato una spartiacque, e con la bocciatura della riforma del Senato e del Titolo V la legislatura è di fatto finita - spiega Lorenzo Guerini, nu- mero 2 del partito -. A questo punto o si chiude rapidamente la partita della legge elettorale e si torna al voto oppure, se questo non è possibile, è necessario fare chiarezza subito con il congresso proprio per rafforzare il Pd. A giugno c’è un’importante tornata amministrativa e a settembre ci sono le elezioni siciliane. Non possiamo permetterci di arrivarci con una parte del partito quotidianamente in dissenso su tutto. Ci si confronta e chi perde si adegua alla linea della maggioranza». Nello schema B, quello del voto tra un anno, il partito non è l’unica priorità su cui concentrarsi secondo Largo del Nazareno: c’è il partito da una parte e il governo dall’altra. Se si deve andare avanti un altro anno bisogna capire come, ripete Renzi nelle conversazioni in questi giorni. Con la mente al possibile stallo e alla pesante manovra del governo in autunno. Solo un governo uscito dal voto popolare e guidato da una lea- dership forte - è il pensiero di Renzi e dei dirigenti Pd a lui più vicini -può, al di là dei nomi, tenere testa alle richieste Ue senza dover prendere misure draconiane sotto dettatura.
Ma si fa in tempo a celebrare il congresso - per il quale secondo le varie anime del Pd ci vogliono dai due mesi e mezzo ai sei - entro le prossime comunali come vuole Renzi? È prematuro, si sottolinea a Largo del Nazareno, perché lo schema A resta avanti per Renzi. Ed è per questo che il segretario non si presenterà dimissionario lunedì in direzione, come sottolinea il ministro Graziano Delrio. Ma le dimissioni potrebbero arrivare al termine della direzione se nel dibattito prevalesse lo schema B. Si vedrà, ma si potrebbe invertire l’ordine delle assise cominciando proprio dalla primarie perla scelta del segretario per poi proseguire con i circoli e l’elezione dei segretari regionali.
IPOTESI DIMISSIONI Il leader non si presenterà dimissionario ma il passo indietro potrebbe arrivare al termine della direzione. Guerini: serve fare chiarezza