Decreto immigrazione, spunta l’affondamento dei barconi
Nel pacchetto immigrazione spunta la norma sull’affondamento dei barconi. Una disposizione già ipotizzata in passato e ora di nuovo nelle bozze in preparazione al Consiglio dei ministri .
Oggi la riunione di governo dovrebbe dare l’ok al testo del decreto legge messo a punto dai tecnici del ministero dell’Interno, guidato da Marco Minniti, ma non presente nell’ordine del giorno di palazzo Chigi. «Domani (oggi per chi legge, n.d.r.) il Consiglio dei ministri affronterà il tema di nuove norme sull’immigrazione» ha detto il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, da Londra.
Il provvedimento è di circa 25 articoli ed è destinato ad accelerare le procedure di riconoscimento del diritto di asilo e di contrasto all’immigrazione illegale. Le riunioni tra i tecnici di governo si sono ripetute fino a tarda sera, oggi in Consiglio dei ministri giungerà la decisione finale. Non è escluso che alcuni parti del dispositivo delineato finora siano eliminate o modificate, visto che devono essere norme che rispondono ai requisiti di straordinaria necessità e urgenza come ogni decreto legge.
Torna la proposta di affondare i barconi - quasi sempre, ormai, gommoni - una volta completate le procedure di salvataggio dei naufraghi. È il comandante alla guida della nave in soccorso a decidere una procedura del genere. La misura dovrebbe scoraggiare il recupero e il riutilizzo dei mezzi navali da parte dei trafficanti di esseri umani. La norma, tuttavia, in passato non è stata esente da critiche.
Un altro capitolo stilato dal Viminale d’intesa con il dicastero di Grazia e Giustizia, guidato da Andrea Orlano, riguarda l’istituzione presso i tribunali di sezioni specializzate «per l’immigrazione, la protezione internazionale e la libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea». Le sezioni dovrebbero sorgere a Firenze, Palermo, Milano, Roma, Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Torino, Venezia, Catanzaro. Nelle contro- versie per le decisioni delle commissioni territoriali sulle istanze di protezione internazionale i gradi di giudizio si dovrebbero ridurre da tre a due. Nell’audizione di mercoledì scorso davanti alle commissioni riunite Affari Costituzionali di Camera e Senato Minniti ha sottolineato che «l’attesa dei migranti che hanno presentato domanda di asilo arriva fino a due anni». Troppi, aggiunge il ministro.
Ma il decreto assume rilievo politico strategico soprattutto nelle linee di contrasto all’immigrazione illegale. Si ribadisce che sia gli stranieri giunti in porto dopo gli sbarchi, sia quelli «rintracciati» - come li definisce il gergo poliziesco - sul territorio nazionale, devono essere condotti in un hotspot, i centri post sbarco. Lì si svolgono le procedure di rilievo delle impronte digitali, il «fotosegnalamento» e le verifiche nelle banche dati a disposizione delle forze dell’ordine per controllare se si tratti di soggetti con precedenti. L’articolato poi stabilisce che chi si rifiuta di farsi prendere le impronte e le altre generalità viene inviato, con un provvedimento del questore della durata massima di trenta giorni, in un centro di identificazione.
Le procedure si rafforzano poi con il rilancio dei Cie (centri di identificazione ed espulsione). Assumono intanto la denominazione di Cpr, centri di permanenza per i rimpatri. Minniti ne ha parlato anche nell’audizione in Parlamento: saranno centri di piccole dimensioni, lontano dai centri abitati e vicini se possibile a strutture di trasporto come aereoporti o stazioni ferroviarie. Il ministro dell’Interno ha sottolineato le garanzie necessarie a salvaguardia dei diritti dei migranti. L’accesso ai Cie dell’ufficio del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, oggi presieduto da Mauro Palma, «deve essere illimitato» ha detto il titolare del Viminale. Il decreto prevede anche l’impiego in lavori socialmente utili, senza retribuzione, per gli stranieri in attesa dell’esito della domanda di asilo.