Twitter tracolla a Wall Street dopo i conti
Per chi cercasse prove che Donald Trump e i suoi tweet hanno miracoloso talento, i conti di Twitter - e la frana del suo titolo a Wall Street - sono un brusco risveglio.
L’ossessiva pioggia quotidiana di micro-messaggi in arrivo dall’allora presidente eletto su tutto e tutti non ha esorcizzato il decimo trimestre di entrate in brusca frenata del re del microblogging. E il titolo è ieri precipitato come la popolarità del neopresidente nei sondaggi, bruciando l’11% a Wall Street.
Non esistono, purtroppo per Twitter, fatti “alternativi” cari ai portavoce della Casa Bianca: nel quarto trimestre 2016 i ricavi sono saliti impercettibilmente dello 0,9% a 717 milioni, ben sotto le attese. Mentre le perdite, pur inferiori alle previsioni, sono quasi raddoppiate a 167 milioni e gli utenti ristagnano, aumentati di soli due milioni a 319 milioni. Né le prospettive della società, sempre più assediata da colossi quali Facebook e Google, appaiono incoraggianti: il target di utili del primo trimestre 2017 è ridotto a meno della metà di quello degli analisti. Vista l’esperienza, neppure l’intensificarsi pur certo dei tweet presidenziali dovrebbe servire.
Nel clima di accesa battaglia politica che scuote l’America Twitter è diventato l’ultimo simbolo dei dubbi sull’influenza e sui poteri rivendicati dal neopresidente: dal rimpatrio di aziende manifatturiere dedite alla delocalizzazione alla sicurezza nazionale garantita dalla cacciata degli immigrati, dal rilancio delle infrastrutture per una manciata di dollari a deregulation “salutari” delle banche come nella protezione dell'ambiente. In gioco è adesso sempre più la sua stessa vantata magia finanziaria e di procacciatore d’affari.