L’auto connessa vale un miliardo di dollari
La giapponese Toyota ha già investito in 15 startup
pPoco meno di una novantina di operazioni (87 per la precisione), per una raccolta totale di un miliardo e 49 milioni di dollari. I numeri che accompagnano le nuove imprese tecnologiche che operano nel mondo dell’automotive e in quello delle connected car in particolare parlano da soli. Il valore dei round conclusi nel 2016, di cui il 68% negli Stati Uniti, è pressoché raddoppiato rispetto all’anno precedente (la crescita è di oltre il 91%) e ha superato di gran lunga l’exploit registrato nel 2013 grazie al botto pre Ipo da 400 milioni di dollari di Mobileye. A vivacizzare il settore, l’anno passato, ci hanno pensato soprattutto le startup californiane, Zoox e Quanergy Systems in testa. La prima, nata nel 2014 a Menlo Park per sviluppare un taxi elettrico senza guidatore, ha portato a casa in due distinti round di finanziamento oltre 250 milioni di dollari; la seconda ha preso vita, sempre nel cuore della Silicon Valley, a Sunnyvale, lavorando su sensori di tipo Lidar per alimentare mappe 3D in tempo reale e ha raccolto lo scorso agosto 90 milioni di dollari da diversi investitori, fra cui Delphi Automotive e Samsung Ventures.
Le prospettive per i prossimi dodici mesi sembrano ancora promettenti e la sensazione degli analisti è che l’impatto delle startup sull’industria delle quattro ruote possa essere sempre più incisivo, a cavallo di servizi digitali e tecnologie che spaziano dalla guida assistita e autonoma alla cybersecurity, passando per i sistemi di comunicazione vehicle to vehicle. Fra le prime operazioni registrate in questo inizio di 2017 spicca per esempio quella a firma di Ford. La casa americana è entrata, per una cifra e una quota societaria rimasta ignota, nel capitale di una startup fondata nel 2015 a San Francisco, AutoFi. L’obiettivo? Utilizzarne il software a beneficio di quei clienti che desiderano acquista- re un’auto e sottoscrivere un finanziamento direttamente online, senza passare dalla tradizionale concessionaria. Uno strumento del fintech adattato all’auto insomma, del tutto complementare all’idea di smart car farcita di sensori, intelligenza artificiale e connessioni ultraveloci e in grado di rendere l’esperienza di acquisto del cliente più veloce e più semplice.
Decisamente più rumore aveva fatto, nei primi giorni di gennaio, l’investimento operato da Intel per acquisire una quota del 15% di Here International, la startup tedesca specializzata in mappe digitali e sistemi di localizzazione, venduta 18 mesi fa da Nokia a Daimler, Bmw e Audi.
Molto attiva sul fronte startup è stata anche Toyota, che negli ultimi dodici mesi ha investito, attraverso il fondo Mirai Creation Investment Limited Partner, in una quindicina di imprese innovative. Car sharing, intelligenza artificiale e robotica i settori su cui ha scommesso maggiormente il colosso nipponico per primeggiare nei veicoli a guida autonoma, chiudendo round di finanziamento in realtà come le americane Getaround e UiEvolution (software per veicoli connessi) o la giapponese GrooveX, nata in pancia al gigante delle telecomunicazioni SoftBank.
L’apertura dei costruttori di auto all’ecosistema delle startup è quindi decisamente in aumento e lo testimoniamo anche le operazioni che nel 2016 hanno visto Volkswagen investire 300 milioni di euro nell’israeliana Gett e General Motors acquisire una quota di Lyft per 500 milioni di dollari. La sfida è stata inoltre raccolta anche da Jaguar Land Rover che ha fondato la startup InMotion, il cui compito sarà quello di sviluppare app e servizi on demand per la mobilità. Ma siamo, dicono gli esperti, solo allinizio.