Tra Cile e Indonesia a rischio il 10 per cento dell’offerta di rame
Al via lo sciopero a Escondida, la maggiore miniera del mondo Giakarta non sblocca le esportazioni da Grasberg
pLa di sviluppo delle infrastrutture da mille miliardi di dollari. Grazie anche ai consumi (e alle speculazioni) cinesi, il rame ha concluso il 2016 in rialzo di oltre il 25% e quest’anno ha guadagnato un ulteriore 6%.
Le interruzioni dell’offerta a giudizio di molti analisti rischiano ora di spostare il mercato in una condizione di deficit di offerta per la prima volta dal 2011. Secondo Goldman Sachs il prezzo del rame potrebbe salire a 6.200 $/tonn nel giro di sei mesi, men- tre Ubs prevede addirittura una media di 6.600 $ nel 2017.
La rottura delle trattative per il rinnovo contrattuale a Escondida risale a qualche giorno fa e c’erano poche chance di successo del tentativo di mediazione imposto dal Governo. Bhp Billiton, che controlla la miniera con il 58%, aveva inoltre già anticipato che per motivi di sicurezza durante un eventuale sciopero avrebbe fermato del tutto la produzione, con una perdita di 2025mila tonnellate a settimana. La protesta rischia di durare a lungo, considerati i precedenti: nel 2011 per motivi analoghi c’erano stati 15 giorni di stop, nel 2006 addirittura 25 giorni. Inoltre altre miniere cilene potrebbero seguire l’esempio, perché il contratto di Escondida non è l’unico ad essere arrivato a scadenza.
Ancora meno prevedibili sono gli sviluppi delle vicende in Indonesia, dove il Governo ha rivoluzionato la normativa sulle attività minerarie, sospendendo dal 12 gennaio la licenza per l’esportazione di concentrati da Grasberg. La statunitense Freeport-McMoRan, che controlla la miniera, fatica a sbloccare il negoziato con Giakarta, che tra l’altro ora le chiede di cedere il 51% della divisione indonesiana a imprenditori locali, invece del 30% concordato in precedenza).
A meno di svolte improvvise, a breve la società sarà costretta a fermare le estrazioni, poiché non ha più molto spazio per stoccare i concentrati, che si sono accumulati ancora più rapidamente del normale a causa di uno sciopero alla fonderia indonesiana di Gresik, che ne lavora il 40%.
La situazione è così spinosa che Rio Tinto, anch’essa socia di Grasberg, ha rivelato che sta valutando se rinunciare all’asset. «Non c’è dubbio che sia una risorsa di prima classe –ha detto il ceo Jean Sébastien Jacques in una conference call con gli analisti – Ma la questione chiave, soprattutto alla luce di quello che è successo tre settimane fa, è se Grasberg è un affare di prima classee per noi».
MERCATO IN DEFICIT? Gli analisti temono che per la prima volta dal 2011 la produzione quest’anno non sarà sufficiente a soddisfare i consumi