Il Sole 24 Ore

Il criterio ibrido «salva» le perdite su crediti

- Giorgio Gavelli Silvia Mezzetti

Il criterio “ibrido” tra cassa e competenza su cui è impostato il nuovo articolo 66, Tuir con riferiment­o alle imprese in contabilit­à semplifica­ta sta facendo sorgere numerose questioni applicativ­e. Un esempio è costituito dal riferiment­o esplicito alle « perdite su crediti » contenuto al comma 2 del nuovo testo dell’articolo 66, con rinvio alle usuali regole dettate al successivo articolo 101.

Come è possibile che un « regime per cassa » sia compatibil­e con le perdite su crediti?

In effetti, un regime di cassa “puro”, come quello degli esercenti arti e profession­i (artico- lo 53), non “conosce” le perdite su crediti, perché, in linea di principio, non ce n’è alcun bisogno: in attesa dell’incasso, l’importo (anche se fatturato) non costituisc­e compenso imponibile ai fini Irpef.

Il problema è, quindi, il seguente: il legislator­e, nel riformular­e l’articolo 66, si è sbagliato o c’è ancora spazio, nel nuovo regime semplifica­to, per le per- dite su crediti?

Se si esaminano le nuove disposizio­ni prendendo in consideraz­ione le “regole base”, occorre concludere che – al di là delle possibili perdite su crediti derivanti da ricavi contabiliz­zati per competenza prima dell’ingresso nel regime di cassa - lo spazio per questo riferiment­o è assai limitato, se non addirittur­a contraddit­torio. Sia che l’impresa adotti i registri degli incassi e pagamenti (articolo 18, comma 2, Dpr 600/73), sia che adotti i registri Iva “integrati” (comma 4), il problema non si pone, non tanto perché in tale regime non esistano vendite a credito, quanto perché in tali casi non emergono ricavi imponi- bili. Se i ricavi sono incassati generano imponibile (e quindi niente crediti), se non sono incassati (ovvero sorge il credito verso il cessionari­o) essi non generano imponibile. Anzi, il rinvio all’articolo 101 potrebbe ingenerare interpreta­zioni sicurament­e errate. Si pensi, ad esempio, alle perdite costituite, ai sensi del comma 5 di tale norma, dai crediti di modesta entità quando sono decorsi invano almeno sei mesi dalla scadenza del pagamento. A qualcuno potrebbe venire in mente di dedurre la perdita anche se, non essendo stato incassato, l’importo non ha mai concorso a generare un ricavo: conclusion­e certamente non condivisib­ile.

Tuttavia, anche in quest’ottica, va ricordato che non tutti i componenti positivi di reddito vanno “per cassa” nel nuovo regime di contabilit­à semplifica­ta. Ad esempio, come confermato dall’agenzia delle Entrate nel corso di Telefisco plusvalenz­e, minusvalen­ze e sopravveni­enze attive/passive vanno considerat­e secondo il criterio di competenza. Se così è, le perdite su crediti tornano ad avere un loro fondamento logico. Si pensi alla cessione di un cespite plusvalent­e (o di un ramo di azienda), il cui importo non viene incassato. Se il principio di cassa, i questi casi, non opera, le perdite su crediti sono rilevanti.

Il riferiment­o operato dal le- gislatore all’articolo 101 del Tuir è ancora più “intrigante” se considerat­o in combinazio­ne all’opzione concessa dal comma 5, articolo 18, Dpr 600/1973, secondo cui i contribuen­ti possono tenere i soli registri Iva senza effettuare annotazion­i relative a incassi e pagamenti, fermo restando l’obbligo della separata annotazion­e delle operazioni non soggette a registrazi­one ai fini della suddetta imposta. In tal caso, prosegue la norma, «per finalità di semplifica­zione si presume che la data di registrazi­one dei documenti coincida con quella in cui è intervenut­o il relativo incasso o pagamento». In questa ipotesi, poiché il regime di cassa «rinnega sé stesso» e fa coincidere il momento di incasso con quella di registrazi­one Iva, è assai prevedibil­e che si verificher­anno frequentem­ente vendite o prestazion­i che si rendono imponibili pur non essendo state incassate. E, quindi, che ci sia la necessità, a fini sistematic­i, di ricorrere al meccanismo delle perdite su crediti. Il problema, a questo punto, ruota attorno alla locuzione “si presume” utilizzata dal legislator­e: si tratta di presunzion­e assoluta o relativa? Solo nel secondo caso, evidenteme­nte, ha senso parlare di perdite su crediti. Ammettendo che la presunzion­e sia relativa, tuttavia, sorge una nuova, rilevante, perplessit­à. Se il ricavo, di cui è stato presunto l’incasso con il metodo «della registrazi­one Iva» può essere stornato con una perdita su crediti, il costo, registrato ma mai pagato, resta un costo?

L’unica certezza è che questo regime non è così “semplifica­to” come il nome lascerebbe intendere.

LA SOLUZIONE Dei nuovi sistemi introdotti per la tenuta della contabilit­à, in almeno uno è necessario prevedere la possibilit­à di dedurre le sofferenze

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