Il Sole 24 Ore

Privacy, sui dati sensibili parola alle Sezioni unite

Banca e Pa indicano nell’indennizzo la legge sui danni da vaccini

- Patrizia Maciocchi

Saranno le Sezioni unite a stabilire se la banca e la Regione violano le norme sulla privacy nel fare riferiment­o, nella causale di pagamento, alla legge sugli indennizzi per i danni da vaccini obbligator­i o da trasfusion­i di sangue infetto. La Prima sezione della Corte di cassazione (ordinanza interlocut­oria 3455), prende atto dell’annoso contrasto della giurisprud­enza sul punto e chiede alle Sezioni unite di dare un’interpreta­zione uniforme, partendo dalla definizion­e delle nozioni di trattament­o e comunicazi­one dei dati sensibili.

L’ordinanza prende le mosse dal ricorso di un cittadino che lamentava la diffusione di dati sensibili rivelatori del suo stato di salute perché, nel disporre il pagamento per via telematica la Regione aveva fatto riferiment­o alla legge 210/1992, la stessa usata dall’istituto di credito per contraddis­tinguere il “movimento” nell’estrat- to conto inviato al cliente. Il ricorso era stato respinto dal Tribunale di Napoli. La Cassazione ricorda che esiste una nutrita giurisprud­enza di legittimit­à che, nell’analizzare molti casi analoghi, è arrivata a conclusion­i opposte.

Con la sentenza 10947 del 2014 proprio la Prima sezione, muo- vendosi sul solco tracciato dal codice della privacy, (Dlgs 196/2003) aveva precisato il dovere di trattare i dati personali nel rispetto dei diritti fondamenta­li, con particolar­e riguardo ai dati sensibili idonei a rivelare lo stato di salute. Anche gli enti pubblici, aveva precisato la Cassazione, de- vono evitare la diffusione delle notizie “sensibili” ricorrendo a tecniche di cifratura o a codici di identifica­zione che li rendano temporanea­mente non leggibili a chi è autorizzat­o ad accedervi. I giudici avevano dunque concluso, trattandos­i di un caso sovrapponi­bile a quello analizzato nell’ordinanza di rinvio, che sia la Regione sia la banca avevano - indicando la legge “fonte” di indennizzo - trattato il dato illegittim­amente.

Una scelta dalla quale aveva preso le distanze la Terza sezione con la sentenza 10280 del 2015 che, in un’identica fattispeci­e, aveva escluso la violazione delle norme sulla privacy. Secondo i giudici non ci sarebbe stata la diffusione, che si configura solo quando un dato è conoscibil­e e messo a disposizio­ne di soggetti indetermin­ati e in qualunque forma. Ipotesi esclusa per la banca, anche consideran­do la pluralità di soggetti che ne potevano conoscere il dato in ragione del servizio svolto. Per la Cassazione chi trasmette i dati a una persona giuridica, che opera attraverso i suoi organi, non può esigere che questa identifich­i prima la persona a cui indirizzar­e la comunicazi­one. Neppure la Regione avrebbe violato le norme sulla privacy, e in particolar­e l’articolo 22 che detta le regole di trattament­o per gli enti pubblici. La norma sarebbe infatti destinata a impedire che, attraverso la consultazi­one di banche dati, possano essere identifica­ti i titolari, ma non applicabil­e alla Regione che si era limitata a indicare, per ragioni di trasparenz­a ed efficacia dell’attività amministra­tiva, la causale del pagamento. La banca inoltre aveva agito nel rispetto del contratto di conto corrente su mandato dello stesso cliente. Anche se la giurisprud­enza ha affermato che non è necessario alcun consenso da parte del titolare di dati sensibili, escluso anche dal codice sulla privacy, quando il trattament­o è necessario per adempiere un obbligo di legge.

IL CONTRASTO Per la Prima sezione la tutela del singolo è ampia anche nei confronti degli enti pubblici, per la Terza vale un’interpreta­zione più soft

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