Fercam rinuncia ad Artoni
Sono saltate le nozze tra Fercam e Artoni, annunciate lo scorso 10 gennaio, che avrebbero dato vita al big italiano della logistica da 900 milioni di fatturato e 2.200 dipendenti. La multinazionale bolzanina di trasporti ha azzerato gli accordi (e l’offerta da 60 milioni di euro) per rilevare la storica azienda reggiana, da due anni in grave affanno finanziario, a causa della mancata intesa sugli esuberi.
La condizione dirimente posta dal presidente del gruppo Fercam, Thomas Baumgartner, per finalizzare il contratto di affitto e successivo acquisto di Artoni - la firma dal notaio era in programma per domani, lunedì 13 febbraio - era infatti l’ok dei sindacati al passaggio di soli 400 addetti, sui circa 570 totali di Artoni, nella nuova società FercamArtoni Srl. «Erano previste anche clausole come la tenuta dei livelli di fatturato e il mantenimento di figure apicali in Artoni – precisa Baumgartner – che i fatti di queste settimane stanno smentendo, perché le attività stanno crollando ed è in atto un fuggi fuggi di manager. Motivo per cui ho anticipato di 15 giorni la data dell’atto notarile prevista il 1° marzo, per arginare l’emorragia. Ma il no dei sindacati alla nostra offerta di assorbire i due terzi del personale, definendo il perimetro in Italia delle 39 sedi Artoni da salvare, è inaccettabile. Per i 170 esuberi ho offerto di raddoppiare il sussidio di disoccupazione, portandolo da 900 a 1.800 € al mese».
Massima disponibilità a riprendere il dialogo, replicano i sindacati che da mesi sperano in un cavaliere bianco per Artoni, «ma noi siamo chiamati a svolgere una funzione all’interno di percorsi normati dalla legge – spiega Danilo Morini, della segreteria nazionale Filt Cgil – e il dimensionamento degli organici si discute partendo da un piano industriale e trovando gli strumenti più idonei a risolvere la crisi nel modo meno traumatico e più propedeutico alla riqualificazione delle persone. Fossimo usciti da quel percorso, accettando ex ante un out-out, avremmo creato un precedente pericoloso per il nostro ruolo di tutela sociale». «Non ci possiamo permettere picchetti e scioperi in azienda che paralizzano l’attività - chiude il presidente Fercam – dobbiamo salvaguardare i nostri 1.779 dipendenti, i 2.300 collaboratori e la sostenibilità del business».