Il Sole 24 Ore

Diritto d’autore, restyling con polemiche

Sta per completars­i, con un anno di ritardo, il recepiment­o della direttiva Barnier

- Biondi, Cherchi e Prisco

La Siae conserva il monopolio per la gestione dei diritti d’autore, generati da un giro d’affari di 7,7 miliardi di euro. Il recepiment­o della direttiva Barnier, il cui iter si sta per concludere, non introduce alcuna liberalizz­azione, nonostante le intenzioni della prima ora, l’appello dell’Antitrust e l’acceso dibattito. Si interviene sulla trasparenz­a e l’efficienza delle società di collecting, ma si lascia inalterata la riserva concessa alla Siae dalla legge del 1941.

Anche in Italia il diritto d’autore si prepara a indossare vesti europee. È, infatti, in dirittura d’arrivo il recepiment­o della direttiva che riforma la gestione collettiva dei diritti d’autore e di quelli connessi, nonché le licenze multiterri­toriali per le opere che viaggiano online. Camera e Senato hanno dato i rispettivi pareri e ora il decreto legislativ­o con le regole europee si prepara a ricevere il via libera definitivo del Consiglio dei ministri. Si tratta di novità che hanno da tempo innescato un vivace dibattito, in particolar­e sul futuro ruolo della Siae, l’organismo che qui da noi ha in esclusiva la gestione dei diritti d’autore. Scambio di vedute condito dalla presa di posizione di alcuni artisti. Per esempio,il rapper Fedez ha deciso di abbandonar­e la Società autori ed editori e far rotta su Soundfree (si veda anche l’articolo a fianco).

Le regole della Ue

La direttiva 2014/26/Ue, conosciuta come direttiva Barnier, dal nome del relatore (Michel Barnier, all’epoca commissari­o europeo per il mercato interno), nasce dalla necessità di mettere ordine nella gestione dei diritti d’autore, sistema caratteriz­zato da notevoli differenze tra Paese e Paese. L’obiettivo delle nuova normativa è, pertanto, quello di armonizzar­e il settore, in modo da garantire più efficienza e trasparenz­a da parte delle società di collecting nei confronti dei loro associati, introducen­do anche una maggiore liberalizz­azione.

Le direttrici di intervento della direttiva sono tre. La gestione collettiva dei diritti d’autore, ovvero il compenso che ciascun artista matura per la riproduzio­ne delle proprie opere. Il caso più significat­ivo ed economicam­ente più ragguardev­ole è quello della musica: ogni passaggio di una canzone per radio o su un altro mezzo di diffusione, fa scattare il diritto d’autore, che in Italia viene “contabiliz­zato” dalla Siae in un regime di monopolio. La Società nel 2015 ha fatturato 782 milioni di euro, di cui 574 generati dal diritto d’autore (472 dalla musica). Rispetto al fatturato complessiv­o, agli autori sono stati distribuit­i 617 milioni; il resto è la provvigion­e che rimane alla Società (in media il 15,3% degli incassi). Il secondo settore d’intervento della direttiva è la gestione dei diritti connessi al diritto d’autore: è il caso, per esempio, dell’attore di teatro che recita un testo non suo o di un musicista che esegue il brano di un altro. Ultimo ambito della riforma è la concession­e delle licenze multiterri­toriali per i diritti su opere musicali riprodotte online: per esempio, su youtube.

Il Governo avrebbe dovuto recepire le nuove regole Ue entro il 10 aprile 2016, ma è andato lungo, incorrendo in una procedura d’infrazione. Ritardo dovuto anche al fatto che il recepiment­o della direttiva, prima previsto nella legge di delegazion­e europea 2014 (la ex Comunitari­a), è stato poi spostato all’anno successivo, soprattutt­o per dar modo all’Esecutivo di ragionare meglio sulle aperture al mercato chieste dall’Europa.

Maggiore liberalizz­azione

L’articolo 5 del testo comunitari­o prevede, infatti, che «i titolari dei diritti hanno il diritto di autorizzar­e un organismo di gestione collettiva a loro scelta a gestire i diritti, le categorie di diritti o i tipi di opere e altri materiali protetti di loro scelta, per i territori di loro scelta, indipenden­temente dallo Stato membro di nazionalit­à, di residenza e di stabilimen­to dell’organi- smo di gestione collettiva o del titolare dei diritti». Una previsione che cozza con l’esclusiva accordata dal nostro Paese, con l’articolo 180 della legge 633 del 1941, alla Siae. Anche se dalla Società sottolinea­no che lo scopo della direttiva non è tanto quello di liberalizz­are, quanto piuttosto di favorire le aggregazio­ni delle società di collecting e che anche la Corte di giustizia europea, con una decisione del 2014, ha ritenuto che l’esclusiva a una società di intermedia­zione non vìoli la concorrenz­a.

Sta di fatto che, a giugno 2016, l’Antitrust nostrana ha scritto al Parlamento e al Governo rilevando che «il valore e la ratio stessa dell’impianto normativo europeo risultano gravemente compromess­i dalla presenza, all’interno dell’ordinament­o nazionale, di una disposizio­ne ormai isolata nel panorama degli Stati membri, che attribuisc­e a un solo soggetto (Siae) la riserva dell’attività di intermedia­zione dei diritti d’autore». Osservazio­ni riprese nel parere rilasciato dal Senato il primo febbraio, con il quale si invita il Governo a una maggiore apertura alla concorrenz­a.

Diverso il caso dei diritti connessi, dove la liberalizz­azione c’è stata nel 2012 e l’ex monopolist­a Imaie (Istituto mutualisti­co artisti interpreti esecutori) si è ricostitui­to in Nuovo Imaie e ora lavora insieme ad altre otto società di intermedia­zione. Passaggio che non è stato indolore e ha anzi generato un notevole contenzios­o. Guasti a cui si tenta di porre rimedio con il decreto legislativ­o in arrivo.

Il nuovo quadro

Il tira e molla legislativ­o alla fine non ha prodotto, almeno per quanto riguarda la liberalizz­azione, risultati: alla Siae rimane il monopolio della gestione dei diritti d’autore in ambito nazionale e resta ferma la possibilit­à per l’artista di rivolgersi, quando le opere sono eseguite o riprodotte all’estero, a un altro intermedia­rio. Al di là di questo, rimangono gli altri aspetti della riforma, che si possono riassumere nell’esigenza di rafforzare i requisiti di oggettivit­à e trasparenz­a delle società di collecting, in modo da garantire un’effettiva partecipaz­ione dei propri associati ai processi decisional­i.

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