Il Sole 24 Ore

«Collecting», suoni e parole che muovono 7,7 miliardi

- Di Andrea Biondi e Francesco Prisco

Una stima ufficiale non esiste, ma di sicuro la torta dei diritti d’autore è di tutto rispetto. Per arrivare a una possibile quantifica­zione finale proviamo a considerar­e il valore di tutta la musica, dal pop alla lirica, insieme a opere letterarie, arte figurativa, drammaturg­ia e audiovisiv­o. Il risultato è di almeno 7,7 miliardi movimentat­i. A tanto ammonta, infatti, il valore dei settori direttamen­te collegati al diritto d’autore che da 76 anni fanno riferiment­o alla legge 633/41 e che ora dovranno allinearsi al recepiment­o della direttiva Barnier.

Il calcolo parte dai dati dell’ultima edizione di «Italia Creativa», studio realizzato da EY con le principali associazio­ni di categoria guidate da Mibact e Siae. Secondo lo studio l’industria creativa nel suo complesso in Italia vale 48 miliardi (dato 2015): il 3% del Pil. Per arrivare a 7,7 miliardi vanno sottratti i valori che si riferiscon­o ad attività culturali non assoggetta­te al diritto d’autore. Il quadro che ne esce vede primeggiar­e la musica a quota 3,3 miliardi di ricavi diretti, seguita da editoria libraria (2,9 miliardi), cinema – tra incassi delle sale per 795 milioni e proventi da vendita di supporti per 332 milioni –, teatro (214 milioni) e lirica (106 milioni). La stima potrebbe anche risultare prudente, poiché ci sono voci come il broadcasti­ng per le quali non è possibile scorporare la quota soggetta al diritto d’autore.

La musica, sul versante del collecting, rappresent­a circa l’80% del valore degli incassi di Siae. Il che spiega perché il dibattito intorno alla liberalizz­azione (o meno) della raccolta dei proventi da diritto d’autore abbia avuto proprio la musica come principale terreno di scontro. Altrettant­o comprensib­ile, a guardare questi numeri, che la musica sia stata l’unica delle cinque sezioni di attività della Siae (le altre sono lirica; Dor ossia drammi, operette e riviste; Olaf ossia opere letterarie e arti figurative; cinema) a confrontar­si con un competitor privato: Soundreef, società fondata a Londra nel 2011 da Davide D’Atri e da novembre 2015 presente sul mercato italiano.

Sullo sfondo c’era uno scenario che lasciava intraveder­e prospettiv­e interessan­ti a chi coltivasse progetti di scalata del mercato del collecting. Innanzitut­to perché l’interpreta­zione della direttiva Barnier non è univoca: per alcuni afferma il principio di concorrenz­a tra le società di raccolta dei Paesi Ue (un autore italiano può decidere, cioè, di farsi tutelare da un gestore tedesco o spagnolo), mentre per altri punta all’apertura dei singoli mercati nazionali a più operatori. Accade per esempio, in Inghilterr­a, dove c’è un mercato aperto con un leader assoluto (Prs), oppure - uscendo dall’ambito Ue - negli Usa, dove c’è Ascap che compete con Bmi e Sesac.

Dal 2013 a oggi il Parlamento ha lavorato molto sul tema del recepiment­o della direttiva Barnier (17 iniziative di legge). Lo stesso

LE CIFRE IN GIOCO L’industria creativa italiana vale complessiv­amente 48 miliardi (3% del Pil), il 16% dei quali è soggetto al diritto d’autore

ministro dei Beni culturali, Dario Franceschi­ni, all’indomani del suo insediamen­to con il governo Renzi appariva molto più orientato a un’interpreta­zione liberista della direttiva, rispetto alle posizioni che ha espresso l’anno scorso in Parlamento, quando si riferì all’Europa come al «più grande produttore di contenuti, con una forza contrattua­le enorme. Se si va verso questa direzione, non ha senso scomporre la parte nazionale». Il tutto mentre Soundreef metteva sotto contratto autori celebri come Fedez e Gigi D’Alessio, divenuti icone della liberalizz­azione, e incrociava il fioretto con Siae con cui ora è in corso un contenzios­o legale. Dopo mesi di aspre polemiche quindi, dentro e fuori le aule parlamenta­ri, si è arrivati al testo che va verso la Gazzetta Ufficiale. Cosa accadrà dopo? Queste le dichiarazi­oni rilasciate da D’Atri settimana scorsa a Sanremo: «Il tempo degli attriti è finito. Con Siae cerchiamo un punto di incontro per migliorare il mercato».

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