Il Sole 24 Ore

Bocciati gli interrogat­ori a sorpresa

Nonostante la prassi delle Entrate resta fermo il diritto a farsi rappresent­are da un delegato e a r ispondere dopo 15 giorni Inutilizza­bili le informazio­ni raccolte dall’Agenzia senza preavvisar­e il contribuen­te

- Antonio Iorio

pÈ illegittim­o il comportame­nto dell’agenzia delle Entrate che sottopone – a sorpresa – il contribuen­te a un interrogat­orio e dalle sue risposte determina una serie di dati e informazio­ni poste a base della successiva rettifica. Si tratta, infatti, di una violazione del principio di affidament­o e buona fede che è immanente in tutti i rapporti di diritto pubblico e costituisc­e uno dei fondamenti dello Stato di diritto nelle sue diverse articolazi­oni, limitandon­e l’attività legislativ­a e amministra­tiva. Con la conseguenz­a che le informazio­ni così acquisite dall’amministra­zione non sono utilizzabi­li e il conseguent­e accertamen­to è invalido.

A fornire questa interessan­te interpreta­zione – basata anche su principi espressi dalla Suprema corte – è la Ctp di Reggio Emilia con la sentenza 38/2/2017 (si veda l’altro articolo) che offre lo spunto per approfondi­re la delicata questione.

Nel corso dei controlli, sia se svolti presso la sede del contribuen­te, sia presso gli uffici dell’amministra­zione, si verifica spesso che gli ispettori richiedano informazio­ni ai contribuen­ti. È il caso, ad esempio, della richiesta delle percentual­i di ricarico applicate nella vendita dei beni, degli sconti praticati ai clienti, delle quantità di materie prime necessarie per la preparazio­ne di determinat­i prodotti, delle abitudini dei clienti, delle modalità di conduzione dell’azienda, eccetera.

Le risposte vengono così verbalizza­te e – in molti casi – sono successiva­mente utilizzate per ricostruir­e i ricavi ritenuti effettivi rispetto a quelli inseriti nelle dichiarazi­oni Iva e dei redditi del contribuen­te. Tali richieste trovano la loro legittimaz­ione negli articoli 32 del Dpr 600/73 e 51 del Dpr 633/72, rispettiva­mente in materia di imposte sui redditi e di Iva.

In base a queste due disposizio­ni, sostanzial­mente analoghe, gli uffici possono, tra l’altro, invitare i contribuen­ti, indicandon­e il motivo, a comparire di persona o per mezzo di rappresent­anti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamen­to nei loro confronti. Ne consegue che l’operato dei verificato­ri è assolutame­nte in linea con le norme vigenti.

I problemi sorgono quando l’amministra­zione ponga le proprie domande a sorpresa e, soprattutt­o, quando pretenda risposte nell’immediatez­za delle richieste. Nella prassi 7 Lo statuto dei diritti del Contribuen­te (articolo 10, legge 212/2000) prevede che i rapporti tra fisco e contribuen­te siano improntati al principio della collaboraz­ione e della buona fede. È una previsione che dovrebbe valere per entrambe le parti. Ne consegue che l’ufficio che necessita di risposte dal contribuen­te dovrebbe inviare un questionar­io specifico e dettagliat­o nel quale sia indicato il termine entro cui deve essere data risposta (non inferiore a 15 giorni) e le conseguenz­e in caso di inadempime­nto quotidiana, tali pretese sono più frequenti da parte dei verificato­ri dell’Agenzia che non dei militari della Guardia di finanza, i quali – per il proprio “doppio ruolo” – hanno sempre ben chiare le differenti potestà a seconda che si operi nell’ambito tributario o penale. Interrogar­e una persona informata sui fatti è ben diverso dall’effettuare una richiesta di informazio­ni prevista dalla normativa tributaria.

Basti pensare che entrambe le norme fiscali citate, che attribuisc­ono queste facoltà al fisco, prevedono: 1 il preavviso al contribuen­te (gli inviti e le richieste devono essere fatti a mezzo di raccomanda­ta con avviso di riceviment­o o notificati secondo un’altra modalità rituale); 1 la possibilit­à di farsi rappresent­are da un terzo delegato (che è un diritto del contribuen­te e non una discrezion­alità dell’ufficio); 1 la possibilit­à per il contribuen­te, a fronte delle richieste, di fornire risposte entro un termine non inferiore a 15 giorni.

Ne consegue che nel momento in cui i verificato­ri pongono quesiti al contribuen­te, questi può legittimam­ente riservarsi di rispondere nei termini previsti dalla legge (non meno di 15 giorni).

È una circostanz­a da tenere ben presente perché sulle risposte del contribuen­te, magari fornite in modo impreciso e affrettato saranno poi basati in concreto gli accertamen­ti.

COMUNE DI PESARO

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