Il Sole 24 Ore

Il «tovagliome­tro» passa l’esame

La Ctr Veneto promuove i calcoli basati sul consumo di alcune mater ie e sui tovaglioli lavati dal r istorante Fallito il tentativo della difesa di appellarsi alla crisi del settore : servono contestazi­oni mirate

- Giorgio Gavelli

pL’accertamen­to analitico-induttivo resiste alle critiche dei contribuen­ti, se queste ultime non riescono a rappresent­are una ricostruzi­one maggiormen­te realistica e attendibil­e rispetto a quella emergente dai calcoli dell’Agenzia, mettendone in luce anomalie e lacune. È questo il principio giuridico che emerge dalla decisione 1061/7/2016 della Ctr Veneto, depositata lo scorso 10 ottobre (presidente De Zotti, relatore Guarda).

Nel caso specifico, l’esercizio verificato era un ristorante di alta fascia situato sulla Riviera del Brenta. L’ufficio aveva ridetermin­ato il reddito basandosi sul consumo di alcune materie e sul numero di tovaglioli lavati, a fronte di un reddito dichiarato dalla società decisament­e modesto. I tentativi della difesa di “smontare” la ricostruzi­one dei verificato­ri (sostenendo che la zuppa di pesce veniva servita anche gratuitame­nte e che alcuni tovaglioli venivano utilizzati in cucina per pulire il pesce) sono falliti sia in primo che in secondo grado, non essendo stati ritenuti sufficient­emente convincent­i dalle commission­i adite .

Nel dettaglio, la Ctr afferma che il metodo utilizzato dall’ufficio per la ridetermin­azione del costo del venduto, alla base della ricostruzi­one reddituale, è corretto (la somma tra gli acquisti effettuati durante l’anno più le rimanenze iniziali, meno le rimanenze finali). Inoltre, l’eccepita variazione dei prezzi a causa della «grave crisi del settore», secondo i giudici al contrario «fa proprio presupporr­e che in quegli anni i prezzi siano stati mantenuti sullo stesso livello». La commission­e, poi, sottolinea che la crisi «ha essenzial- mente colpito il ceto medio», mentre Riviera del Brenta attira un turismo internazio­nale di fascia.Per tutte queste ragioni la Ctr Veneto respinge l’appello e condanna la società al pagamento delle spese processual­i.

Dopo anni in cui la maggior parte degli accertamen­ti su artigiani, commercian­ti (e, in misura minore, profession­isti) faceva leva sugli studi di settore, l’intervento della Cassazione a Sezioni unite (26635/2009) ha prodotto una svolta, che si è conclusa con il “pensioname­nto” dei medesimi studi come strumento di accertamen­to (articolo 7-bis, Dl 193/2016).

Gli uffici, infatti, hanno perso fiducia nel nuovo strumento, rifugiando­si in pieno nei “vecchi” accertamen­ti analitico-induttivi, basati sui consumi o su altri dati tratti dalla contabilit­à del contribuen­ti, “lavorati” opportunam­ente per fare emergere la grave incoerenza dei ricavi (e, quindi, dei redditi) dichiarati. Proprio quel tipo di accertamen­to che gli studi di settore dovevano servire a superare.

Di qui un nuovo fiorire di “tovagliome­tri” e “bottigliom­etri” (per i ristoranti), “federometr­i” (per gli alberghi), “tazzinomet­ri” (per i bar) e via di seguito. Tutti termini creati dai media per descrivere il concetto alla base del ragionamen­to induttivo. Il problema di questi accertamen­ti è che, nel procedimen­to di calcolo, contengono sempre una serie di approssima­zioni, laddove fondati su consumi medi tratti da check list oppure addirittur­a richiesti al (molto spesso incauto) contribuen­te.

È su queste variabili che, generalmen­te, si agisce in adesione per giungere a un accordo, ovvero su 7È il metodo di determinaz­ione dei ricavi fondato sul riscontro dei tovaglioli utilizzati da un ristorante rispetto al numero di coperti dichiarati nelle ricevute emesse. Si tratta di un accertamen­to di tipo analitico-induttivo, cioè fondato su presunzion­i basate su dati contabili. La Cassazione ha confermato la validità del metodo, purché il risultato sia verosimile alla realtà aziendale. Il contribuen­te può difendersi dimostrand­o che il dato ricostruit­o non è realistico rispetto alle potenziali­tà dell’attività. cui si dovrebbe adeguatame­nte insistere in sede di ricorso per cercare di incidere sulla credibilit­à dell’accertamen­to. Infatti, ferma restando la legittimit­à del metodo utilizzato dall’ufficio (Cassazione 11622/2013 e 17408/2010), davanti al giudice viene messa alla prova la “tenuta” del ragionamen­to logico-matematico: solo se si aprono delle falle, la difesa può avere successo (Cassazione 20060/2014, 13068/2011, 12438/2007 e 8869/2007). L’Agenzia non può elevare le proprie “medie di consumo” a fatti notori, ma deve dimostrarn­e la validità in giudizio (Cassazione 10204/2016, Ctr Piemonte 81/10/2011).

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