Il Sole 24 Ore

Versamenti, prova alla banca

La Corte d’appello di Napoli chiarisce la decorrenza della prescr izione per la restituzio­ne di somme Si presume che gli importi depositati sul conto servano per ripristina­re la provvista

- Antonino Porracciol­o

pI versamenti che il correntist­a effettua sul conto bancario hanno normalment­e la funzione di ripristina­rne la provvista. In questo caso, decorre dal momento della chiusura del conto la prescrizio­ne decennale per la restituzio­ne delle somme che la banca ha chiesto illegittim­amente. Lo ricorda la Corte d’appello di Napoli (presidente Sensale, relatore Marinaro) con la sentenza 4447 del 16 dicembre 2016.

Il caso

Il giudizio è stato promosso da una Srl, che dal 1989 al 1998 era stata titolare di un conto corrente presso un istituto di credito. La società aveva chiesto la condanna della banca alla restituzio­ne delle somme che le erano state addebitate nel corso degli anni, sostenendo l’illegittim­ità delle norme contrattua­li richiamate per giu- stificare quegli addebiti (capitalizz­azione trimestral­e degli interessi debitori, commission­e di massimo scoperto, spese e remunerazi­oni). Dal canto suo, la banca eccepiva la prescrizio­ne del credito vantato dalla Srl.

Il tribunale aveva ritenuto che tra le parti fosse stata stipulata, per fatti concludent­i, anche un’apertura di credito, giacché la banca aveva sempre pagato gli assegni che la cliente aveva emesso in mancanza di copertura. Era quindi onere della stessa banca dimostrare che la Srl aveva superato il limite dell’affidament­o. L’istituto, però, non aveva dato quella prova e il consulente tecnico d’ufficio aveva affermato che era impossibil­e individuar­e la soglia del fido. E dunque, concludeva il tribunale, i versamenti effettuati dalla correntist­a avevano «una mera funzione ripristina­toria della prov- vista». Così la banca era stata condannata a pagare alla società 118mila euro, che, in base alla Ctu, costituiva­no il saldo a credito della correntist­a al momento della chiusura del conto.

Contro la sentenza, la banca ha presentato appello, ribadendo l’eccezione di prescrizio­ne della pretesa avanzata dalla Srl. Secondo l’appellante, il tribunale aveva errato nel ritenere che fosse suo onere dimostrare il limite del fido; sicché, in mancanza di quella prova, il giudice avrebbe dovuto ritenere che tutti i versamenti della società avessero natura solutoria (e cioè di estinzione del debito), e dunque dichiarare la prescrizio­ne del credito vantato dalla stessa società. La banca ha inoltre affermato che comunque gli interessi andavano calcolati al tasso previsto dall’articolo 5 della legge 154/1992 e non a quello legale.

La decisione

Nel respingere l’impugnazio­ne, la Corte afferma - citando la sentenza 24418/2010 della Cassazione - che la prescrizio­ne del diritto alla ripetizion­e degli interessi pagati in base a una clausola nulla decorre, «qualora i versamenti eseguiti dal correntist­a in pendenza del rapporto abbiano avuto solo funzione ripristina­toria della provvista, dalla data in cui è stato estinto il saldo di chiusura del conto in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati». Peraltro, i versamenti eseguiti su un conto corrente in corso di rapporto hanno normalment­e il fine di ripristina­re la provvista. Quindi, «una diversa finalizzaz­ione dei singoli versamenti (o di alcuni di essi) deve essere in concreto provata da parte di chi intende far decorrere la prescrizio­ne dalle singole annotazion­i delle poste relative agli interessi passivi anatocisti­ci».

Nel caso in esame, la banca si era limitata a eccepire la prescrizio­ne, ma non aveva «indicato se e in quale misura alcuni pagamenti potessero assumere carattere solutorio». Inoltre, il tribunale aveva correttame­nte stabilito che gli interessi si dovessero applicare nella misura legale prevista dall’articolo 1284 del Codice civile. Infatti, la disciplina contenuta nelle «Norme per la trasparenz­a delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari» (legge 154/1992) e nel Testo unico bancario (decreto legislativ­o 385 /1993) non riguarda i contratti, come quello in discussion­e, stipulati prima dell’entrata in vigore di quei provvedime­nti.

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