Il Sole 24 Ore

Concordato preventivo: incerto il confine di controllo dei piani

- di Alma Agnese Rinaldi

La linea di confine tra autonomia privata e controllo giudiziale nelle procedure di concordato preventivo e, in particolar­e, il potere di intervento del giudice sulla fattibilit­à del piano concordata­rio non appare sempre di agevole individuaz­ione.

La scelta di addossare al debitore l’onere di dimostrare il rispetto delle soglie di non fallibilit­à, pur ponendo fine a tutte le incertezze interpreta­tive che avevano accompagna­to l’entrata in vigore della novella del 2006, non contribuis­ce certamente a chiarire se il tribunale, nell’ambito dei propri poteri istruttori, debba limitarsi ad una semplice integrazio­ne delle allegazion­i probatorie fornite dalle parti, laddove scarse e non adeguate a provare la sussistenz­a o meno dei requisiti di non fallibilit­à, ovvero possa svincolars­i da queste allegazion­i probatorie e prendere in consideraz­ione fatti e circostanz­e non dedotti in giudizio o, addirittur­a, sostituirs­i al soggetto fallendo nella produzione delle medesime.

Se, secondo un orientamen­to (dottrinale e giurisprud­enziale fondato sul nuovo articolo 162 della legge fallimenta­re) , il tribunale dovrebbe limitarsi ad effettuare sia in fase di ammissione alla procedura che in quella di omologazio­ne, un’indagine formale, procedural­e e documental­e, di mera legalità sulla regolarità e completezz­a della documentaz­ione prodotta, escludendo qualsiasi controllo di merito sulla fattibilit­à del piano, altro orientamen­to ritiene che il controllo del tribunale debba essere di natura sostanzial­e, di merito e debba valutare la fattibilit­à del piano, anche in assenza di opposizion­i.

Recentemen­te la Suprema corte (Cassazione, 18 gennaio 2017, n. 1157) ha nuovamente evidenziat­o come nella valutazio- ne delle condizioni prescritte per l’ammissibil­ità del concordato preventivo, qualunque sia la sede in cui avvenga, il tribunale non può controllar­e la regolarità ed attendibil­ità delle scritture contabili, ma può sindacare sulla veridicità dei dati aziendali esposti nei documenti prodotti unitamente al ricorso, sotto il profilo della loro effetti- va consistenz­a materiale e giuridica, al fine di consentire ai creditori di valutare, sulla base di dati reali, la convenienz­a della proposta e la stessa fattibilit­à del piano.

Il controllo del giudice non è certamente destinato soltanto a realizzars­i sulla completezz­a e congruità logica dell’attestato del profession­ista.

A questo attestato deve essere, altresì, attribuita la funzione di fornire dati, informazio­ni e valutazion­i sulla base di riscontri effettuati dall’interno, elementi tutti che sarebbero altrimenti acquisibil­i esclusivam­ente soltanto tramite un consulente tecnico nominato dal giudice.

Con la conseguenz­a che, pur non essendo un consulente del giudice - come si desume dal fatto che è il debitore a nominarlo - il profession­ista attestator­e ha le caratteris­tiche di indipen- denza e profession­alità idonee a garantire una corretta attuazione del dettato normativo.

Se non è dubbio che spetti al giudice verificare la fattibilit­à giuridica del concordato, e, quindi, esprimere un giudizio negativo in ordine all’ammissibil­ità quando modalità attuative risultano incompatib­ili con norme inderogabi­li, profili di incertezza si pongono, al contrario, laddove entrino in discussion­e gli aspetti relativi alla fattibilit­à economica.

Questa è infatti legata ad un giudizio prognostic­o, che fisiologic­amente presenta margini di opinabilit­à ed implica possibilit­à di errore, che si tradurrebb­e in un inevitabil­e fattore di rischio per gli interessat­i.

Qualsiasi differente previsione costringer­ebbe il tribunale a dover nominare un Ctu per esprimere valutazion­i prognostic­he circa la fattibilit­à del piano e la veridicità dei dati aziendali con aggravio di costi e lungaggini del procedimen­to e, sotto altri profili, con svilimento dello stesso ruolo dei creditori.

Se, dunque, al giudice non è inibito prestare attenzione alla fattibilit­à del piano, occorre stabilire se una volta verificata­ne l’assoluta impossibil­ità di realizzazi­one, egli sia legittimat­o o meno ad assumere di sua iniziativa una decisione contrastan­te con le indicazion­i e il giudizio del profession­ista attestator­e.

Una corretta individuaz­ione dei margini di intervento del giudice presuppone la preventiva individuaz­ione della causa concreta del procedimen­to di concordato sottoposto al suo esame, il che equivale a dire l’accertamen­to delle modalità attraverso le quali , per effetto e in attuazione della proposta del debitore, le parti dovrebbero in via ipotetica realizzare la composizio­ne dei rispettivi interessi.

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