Concordato preventivo: incerto il confine di controllo dei piani
La linea di confine tra autonomia privata e controllo giudiziale nelle procedure di concordato preventivo e, in particolare, il potere di intervento del giudice sulla fattibilità del piano concordatario non appare sempre di agevole individuazione.
La scelta di addossare al debitore l’onere di dimostrare il rispetto delle soglie di non fallibilità, pur ponendo fine a tutte le incertezze interpretative che avevano accompagnato l’entrata in vigore della novella del 2006, non contribuisce certamente a chiarire se il tribunale, nell’ambito dei propri poteri istruttori, debba limitarsi ad una semplice integrazione delle allegazioni probatorie fornite dalle parti, laddove scarse e non adeguate a provare la sussistenza o meno dei requisiti di non fallibilità, ovvero possa svincolarsi da queste allegazioni probatorie e prendere in considerazione fatti e circostanze non dedotti in giudizio o, addirittura, sostituirsi al soggetto fallendo nella produzione delle medesime.
Se, secondo un orientamento (dottrinale e giurisprudenziale fondato sul nuovo articolo 162 della legge fallimentare) , il tribunale dovrebbe limitarsi ad effettuare sia in fase di ammissione alla procedura che in quella di omologazione, un’indagine formale, procedurale e documentale, di mera legalità sulla regolarità e completezza della documentazione prodotta, escludendo qualsiasi controllo di merito sulla fattibilità del piano, altro orientamento ritiene che il controllo del tribunale debba essere di natura sostanziale, di merito e debba valutare la fattibilità del piano, anche in assenza di opposizioni.
Recentemente la Suprema corte (Cassazione, 18 gennaio 2017, n. 1157) ha nuovamente evidenziato come nella valutazio- ne delle condizioni prescritte per l’ammissibilità del concordato preventivo, qualunque sia la sede in cui avvenga, il tribunale non può controllare la regolarità ed attendibilità delle scritture contabili, ma può sindacare sulla veridicità dei dati aziendali esposti nei documenti prodotti unitamente al ricorso, sotto il profilo della loro effetti- va consistenza materiale e giuridica, al fine di consentire ai creditori di valutare, sulla base di dati reali, la convenienza della proposta e la stessa fattibilità del piano.
Il controllo del giudice non è certamente destinato soltanto a realizzarsi sulla completezza e congruità logica dell’attestato del professionista.
A questo attestato deve essere, altresì, attribuita la funzione di fornire dati, informazioni e valutazioni sulla base di riscontri effettuati dall’interno, elementi tutti che sarebbero altrimenti acquisibili esclusivamente soltanto tramite un consulente tecnico nominato dal giudice.
Con la conseguenza che, pur non essendo un consulente del giudice - come si desume dal fatto che è il debitore a nominarlo - il professionista attestatore ha le caratteristiche di indipen- denza e professionalità idonee a garantire una corretta attuazione del dettato normativo.
Se non è dubbio che spetti al giudice verificare la fattibilità giuridica del concordato, e, quindi, esprimere un giudizio negativo in ordine all’ammissibilità quando modalità attuative risultano incompatibili con norme inderogabili, profili di incertezza si pongono, al contrario, laddove entrino in discussione gli aspetti relativi alla fattibilità economica.
Questa è infatti legata ad un giudizio prognostico, che fisiologicamente presenta margini di opinabilità ed implica possibilità di errore, che si tradurrebbe in un inevitabile fattore di rischio per gli interessati.
Qualsiasi differente previsione costringerebbe il tribunale a dover nominare un Ctu per esprimere valutazioni prognostiche circa la fattibilità del piano e la veridicità dei dati aziendali con aggravio di costi e lungaggini del procedimento e, sotto altri profili, con svilimento dello stesso ruolo dei creditori.
Se, dunque, al giudice non è inibito prestare attenzione alla fattibilità del piano, occorre stabilire se una volta verificatane l’assoluta impossibilità di realizzazione, egli sia legittimato o meno ad assumere di sua iniziativa una decisione contrastante con le indicazioni e il giudizio del professionista attestatore.
Una corretta individuazione dei margini di intervento del giudice presuppone la preventiva individuazione della causa concreta del procedimento di concordato sottoposto al suo esame, il che equivale a dire l’accertamento delle modalità attraverso le quali , per effetto e in attuazione della proposta del debitore, le parti dovrebbero in via ipotetica realizzare la composizione dei rispettivi interessi.
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