Sulla via della legge elettorale uno stop dietro l’altro
Si era detto: al lavoro in Parlamento sulla legge elettorale subito dopo la pubblicazione delle motivazioni della sentenza della Consulta sull’Italicum. Con l’obiettivo di portarla in Aula il 27 febbraio. Ma i tempi sembrano allungarsi. A conferma di quell’asse dei proporzionalisti più che pronti a tirare il freno sulla riforma per osteggiare l’eventuale voto anticipato.
Mentre oggi si riunirà l’assemblea del gruppo Pd alla Camera, la definizione del calendario in commissione Affari costituzionali, dove sono 18 le proposte di legge depositate, è slittata a domani. Alla levata di scudi del M5S (ma anche di FdI, assente la Lega) ha replicato il presidente Andrea Mazziotti: «Nessuna melina, rinvio necessario perché quel giorno sarà stabilito il calendario del Milleproroghe (approvato ieri dalla prima commissione del Senato, ndr) e sapremo se ci sarà un altro decreto da esaminare in commissione». Sicurezza o immigrazione, per esempio. In sua difesa si è levata la voce di Francesco Paolo Sisto (Fi): «Posizione ragionevole». Ai 18 testi si aggiungerà proprio nei prossimi giorni quello di Forza Italia: ieri si è tenuta una riunione tecnica, assente però Silvio Berlusconi. «Abbiamo istruito la pratica riepilogando la situazione», spiega il senatore Lucio Malan.
È stato lo stesso Malan, in Aula a Palazzo Madama, a denunciare però un’altra impasse: «Il Pd sta bloccando di fatto la nomina del presidente della commissione Affari costituzionali». Quello che deve sostituire Anna Finocchiaro, diventata ministra dei Rapporti con il Parlamento nel governo Gentiloni. Sul tema si è consumato uno scontro acceso tra il capogruppo dem Luigi Zanda e i senatori M5S Alberto Airola e Vito Crimi. E anche Loredana De Petris (Misto) ha attaccato: «È la maggioranza Pd che mette veti sull’elezione di esponenti del suo stesso partito». Folate del vento di guerra che soffia tra i dem.