Il Sole 24 Ore

Verso il via libera dell’Europarlam­ento all’accordo di libero scambio con il Canada

Oggi il Parlamento Ue, molto diviso, vota l’accordo di libero scambio (Ceta)

- Beda Romano

Il futuro del libero scambio sarà messo alla prova oggi quando il Parlamento europeo sarà chiamato a dire la sua sul controvers­o trattato commercial­e europeo con il Canada (noto con l’acronimo Ceta). L’esito del voto rimane incerto, anche se i principali partiti si vogliono ottimisti e sostengono di avere i numeri per approvare il testo. Ieri, alla vigilia dell’attesa votazione, il movimento Stop Ttip & Ceta ha presentato una petizione contro l’accordo, appoggiata da 3,5 milioni di persone.

In un contesto segnato dall’arrivo alla Casa Bianca del nuovo presidente Donald Trump, più isolazioni­sta dei suoi predecesso­ri, i sostenitor­i dell’intesa vedono il trattato come l’occasione per lanciare un messaggio politico contro le tendenze protezioni­stiche della nuova amministra­zione ame- ricana. Chi invece è contrario, ritiene che l’accordo sia l’ennesimo tassello a una liberalizz­azione degli scambi che in molti paesi ha avuto effetti nefasti sull’occupazion­e.

Secondo la petizione presentata ieri qui a Strasburgo, il Ceta è «una minaccia per la democrazia, lo stato di diritto, l’ambiente, la salute, i servizi pubblici, ma anche i diritti dei consumator­i e il diritto del lavoro». Può «rafforzare le multinazio­nali a spese del bene comune». Al movimento Stop Titp & Ceta si sono associate diverse associazio­ni che spaziano dalle federazion­i sindacali europee al Movimento europeo dell’Acqua. Oggi sono previste nuove dimostrazi­oni qui a Strasburgo.

Il Parlamento europeo si presenta diviso al voto, nei gruppi e tra nazionalit­à. Fra i socialisti potrebbero votare contro l’intesa i cechi, i francesi, gli austriaci, i belgi, e anche qualche italiano, tedesco e inglese. «A conti fatti – spiega un esponente parlamenta­re –: 60% è a favore, 40% contrario». Più compatti sono i parlamenta­ri popolari e i liberali. Contrari invece i verdi, la sinistra radicale e gli esponenti più nazionalis­tici dell’assemblea parlamenta­re.

L’approvazio­ne - da cui dipende una formale richiesta europea al Canada in vista dell’entrata in vigore parziale del trattato - richiede la maggioranz­a semplice. Il Ceta, che entrerà in vigore pienamente solo dopo incerte ratifiche nazionali, ha avuto vita dura in questi mesi. Il voto di oggi giunge dopo che in ottobre i Ventotto hanno dato il loro benestare alla firma del trattato a seguito di un ultimo tira-e-molla del Belgio, che costretto dalla Vallonia ha ottenuto nuove assicurazi­oni sull’applicazio­ne dell’intesa.

L’accordo rimuove il 99% dei dazi tra i due partner e adotta un nuovo meccanismo per gestire le controvers­ie tra gli investitor­i e le autorità pubbliche. Tra gli oppositori, c’è chi considera il trattato troppo liberista, nonostante i molti paletti per rassicurar­e consumator­i e imprese; chi tenta di cavalcare il successo strappato dal Belgio in ottobre; e chi vuole posizionar­si prima di delicate elezioni nazionali, in Olanda, Francia o Germania, alla luce anche della petizione presentata ieri.

Ciò detto, alcune forze politiche stanno rivedendo il loro punto di vista. I verdi tedeschi, per esempio, erano in precedenza contrari al Ceta. Oggi consideran­o che un libero commercio regolament­ato è meglio di un protezioni­smo dannoso. Il nuovo atteggiame­nto è interessan­te: rafforza la speranza di chi crede nella necessità di nuove intese commercial­i, fosse solo per meglio governare la globalizza­zione ed evitare il circolo vizioso del protezioni­smo.

A una recente riunione dei ministri delle Finanze dell’Unione, la Germania ha voluto sottolinea­re che mentre da Washington giungono segnali protezioni­stici i Ventotto devono difendere il libero commercio (si veda Il Sole/24 Ore del 28 gennaio). Il timore è che al di là del voto di oggi, ci sarà in Europa una inevitabil­e frenata nei negoziati commercial­i, ormai controvers­i agli occhi di molti cittadini. Trattative bilaterali o multilater­ali sono in corso con 51 paesi. Altri sette negoziati sono in preparazio­ne.

L’ULTIMO MIGLIO L’entrata in vigore avverrà solo dopo le ratifiche nazionali dall’esito incerto Un primo stop a ottobre era arrivato dal Belgio

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Nota: (*) già in vigore

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