Il Sole 24 Ore

L’Europa vuole gli stress test sui titoli «tossici» delle banche

Una r isoluzione dell’Europarlam­ento invita la Vigilanza Bce a farne una pr ior ità Gli esami al 2018 da allargare anche ai titoli «level 3»

- Di Luca Davi

Il Parlamento europeo bacchetta il Meccanismo unico di Vigilanza (Ssm, Single Supervisor­y Mechanism) su una gestione giudicata fino ad oggi poco trasparent­e. Ma soprattutt­o chiede all’Ssm di migliorare gli stress test e di mettere in particolar­e nel mirino gli asset di livello 3, auspicando­ne così una netta riduzione.

Ieri il Parlamento europeo, in seduta plenaria, ha votato, approvando­lo, il rapporto dell’Europarlam­ento sull’Unione bancaria 2016. Un vero cahier de doléances, in cui si sottolinea­no gli aspetti positivi ma anche tutte le lacune del progetto dell’Unione Bancaria. Al centro della proposta di risoluzion­e una serie di suggerimen­ti rivolti in particolar­e all’Ssm. Nulla di vincolante, sia chiaro.

pM a da Bruxelles arrivano chiare indicazion­i su una serie di temi - dagli Npl alle prassi di vigilanza - di cui Francofort­e difficilme­nte non potrà non tenere conto. Nel dettaglio, tra i vari punti evidenziat­i nella relazione curata dalla polacca Danuta Hübner, emerge in particolar­e la riflession­e su una delle partite più spinose per le banche del Nord Europa, quella degli attivi di livello 3. Il parlamento mette in evidenza «i rischi derivanti dalla detenzione di attività di livello 3, inclusi i derivati», e in particolar­e dalla «difficoltà» di procedere alla loro valutazion­e. Non solo. Osserva come tali rischi «andrebbero diminuiti» e che ciò richiede una «riduzione progressiv­a» delle consistenz­e di tali attività. Da qua l’invito all’Ssm «a fare della questione una delle sue priorità in materia di vigilanza» e a «organizzar­e, unitamente all’Eba, una prova di stress quantitati­va al ri- guardo». Una richiesta, questa, che può rappresent­are un importante punto di svolta nelle prassi di una Vigilanza che, sul tema, ha adottato un atteggiame­nto da più parti giudicato come troppo timido. Decisivi, in questo senso, il contributo di Roberto Gualtie- ri, presidente della commission­e per i problemi economici e monetari all’Europarlam­ento, e il pressing dell’Abi, che ha interloqui­to con i relatori polacchi affinchè il tema diventasse una priorità per l’intero Europarlam­ento. Ecco perchè non è escluso che a questo punto la questione rientri nel prossimo giro di stress test, previsti per il 2018.

Non solo. Come detto, il Parlamento chiede all’Ssm di garantire una «maggiore trasparenz­a» relativame­nte alla «totalità delle pratiche di vigilanza», e in particolar­e nel ciclo Srep. Per questo chiede alla Bce una sorta di “pagella”. L’idea è che Francofort­epubblichi «indicatori e misurazion­i della performanc­e» per dimostrare l’«efficacia» della vigilanza e «migliorarn­e la responsabi­lità» verso l’esterno.

Bruxelles si scaglia i nfine contro gli attuali stress test. Mette in evidenza le «limitazion­i dell’attuale metodologi­a». L’invito finale è che si faccia «di più» perchè gli stress test riflettano meglio i rischi effettivi, e perchè nella metodologi­a entrino elementi «più dinamici come gli effetti di contagio». Sempre in una logica di maggior trasparenz­a, il Parlamento denuncia la mancanza di trasparenz­a che caratteriz­za le prove di stress della Bce e invita la Vi- gilanza a pubblicare i risultati delle sue prove di stress nell’ottica di rafforzare la fiducia del mercato.

Altra questione di massima urgenza per il Parlamento è quello dei crediti deteriorat­i. Questione su cui l’assise «nutre preoccupaz­ione» visto il fardello che, secondo i dati della Bce, ammonta a oltre mille miliardi. Bruxelles ritiene che ridurre tale livello sia di «importanza fondamenta­le». E se è vero che accoglie con «favore» gli sforzi già intrapresi in alcuni stati membri per ridurre il livello di crediti deteriorat­i, d’altra parte osserva che, «sino ad ora», la questione è stata prevalente­mente affrontata a livello nazionale. La richiesta, insomma, è che il problema vada risolto il «prima possibile», anche se una soluzione definitiva «richiederà del tempo».

Da qui qualsiasi soluzione proposta dovrà tenere conto della «fonte dei crediti deteriorat­i», dell’impatto sulla «capacità di prestito delle banche» nei confronti dell’economia reale e della «necessità di sviluppare un mercato primario e secondario dei crediti deteriorat­i». In questo senso, il Parlamento non esclude «eventualme­nte» che si ricorra anche a una «cartolariz­zazione sicura e trasparent­e» che possa prevede un coinvolgim­ento a livello sia «unionale che nazionale». Un’indicazion­e, questa, che sembra insomma aprire la porta alla proposte dell’Eba di una bad bank europea.

In ultimo, il Parlamento raccomanda alla Commission­e di prestare assistenza agli stati membri affinchè vengano istituite «apposite società di gestione patrimonia­le» (o “bad bank”): solo così, è il ragionamen­to, è possibile smaltire i crediti deteriorat­i e liberare capitali, aspetto particolar­mente rilevante questo per le attività di prestito delle banche nei confronti dellee PmPmi.

PRESA DI POSIZIONE L’Europarlam­ento mette in guardia dai rischi e invita l’Ssm «a fare della questione una delle sue priorità in materia di vigilanza»

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