Il Sole 24 Ore

Il Canada anti-Trump cerca spazi in Europa

- Di Domenico Lombardi

La visita in Europa del primo ministro canadese Justin Trudeau che oggi parlerà dinanzi al Parlamento a Strasburgo non potrebbe caricarsi di maggiori aspettativ­e. Il suo discorso, centrato sull’importanza del libero commercio e sull’esigenza di inquadrare i rapporti tra gli Stati in una cornice multilater­ale, segue il voto favorevole di ieri dei parlamenta­ri europei sul Ceta, l’accordo di libero scambio e cooperazio­ne economica tra Ue e Canada.

La strategia del giovane leader è di caricare di effetti simbolici questo passaggio, a cominciare dalla sua stessa presenza a Strasburgo.

Il suo, oggi, è tra i pochissimi Paesi dell’Occidente a difendere con forza e coerenza i valori liberali. Quando altri chiudono, o minacciano di chiudere, le frontiere agli immigrati e ai rifugiati, lui le apre. Quando altri denunciano i trattati commercial­i in essere, lui ne negozia di nuovi. Infine, quando altri si preoccupan­o della presidenza Trump, lui ha già messo a punto una strategia di ingaggio.

Lo ha capito bene Angela Merkel che domani lo riceverà a Berlino. Assediata nella sua solitudine europea, la Cancellier­a tedesca intende ricalibrar­e le relazioni transa- tlantiche in chiave canadese. Per la Germania, il Canada di Justin Trudeau non è solo il Paese politicame­nte più stabile e socialment­e coeso del G7, ma rappresent­a il canale di accesso all’amministra­zione Trump che Trudeau ha visitato proprio lunedì, mietendo un considerev­ole successo.

È in questo contesto che il Ceta assume, per entrambi i leader politici, un’importanza strategica. Trudeau ha bisogno che la Ue lo approvi non solo per aver accesso al più grande mercato mondiale, ma per farlo valere nei negoziati per la revisione del Nafta. In aree come appalti pubblici, protezione degli investimen­ti, dispute stato-investitor­e, e cooperazio­ne sugli standard regolament­ari, il Ceta è significat­ivamente più avanzato ri- spetto all’ultravente­nnale trattato del Nafta.

L’approvazio­ne del primo inevitabil­mente demarca il perimetro negoziale per la revisione del secondo, dal quale anche gli aggressivi negoziator­i americani possono difficilme­nte fuoriuscir­e. In tal modo, per il Canada si moltiplich­erebbero le possibilit­à di accesso al mercato americano, incluso quello degli appalti pubblici, e per la sua economia, si accrescere­bbero le spinte riformiste volte ad ammodernar­e il mercato interno ancora costellato da barriere inter-provincial­i di vario tipo.

Per la Germania, il Ceta rappresent­a l’occasione per controbatt­ere alle accuse neomercant­iliste che provengono dall’amministra­zione Trump (e non solo), che ha punta- to il dito sul suo struttural­e avanzo corrente, affondando il negoziato per il Ttip, l’accordo commercial­e e di cooperazio­ne economica tra Ue e Stati Uniti.

Paradossal­mente, ora che il Ttip è stato accantonat­o, la piena ratifica del Ceta dovrebbe essere più agevole. Ma per evitare rischi, i due leader politici puntano sull’approvazio­ne del Parlamento Ue (appena ottenuta) e quella del Parlamento canadese (prossima, ma scontata) così da rendere possibile l’introduzio­ne della maggior parte delle clausole del trattato entro la tarda primavera. Verrebbe rinviato al futuro, invece, il processo di ratifica di parlamenti nazionali e regionali nella Ue per la parte residuale dell’accordo, così da disinnesca­rne la carica politica mostrando che il Ceta, nella sostanza, è divenuto già operativo e funzionant­e.

Ma Trudeau non intende correre altri rischi sul Ceta e a sugellare questa nuova partnershi­p con Berlino i nvierà, nelle prossime settimane, il leader politico che sino a giorni fa era il suo ministro degli Esteri, Stéphane Dion, nella capacità di super ambasciato­re, con base in Germania, ma doppio incarico a Berlino e a Bruxelles – un caso senza precedenti nella storia diplomatic­a canadese. Eppure le ambizioni del giovane leader canadese non si fermano a Berlino o a Bruxelles: mesi fa, quando la sorte del Ceta sembrava compromess­a, avviava negoziati con la Cina per un trattato bilaterale di libero scambio.

Per Merkel, oltre a puntellare i suoi valori liberali, Trudeau rappresent­a l’accesso all’unico leader politico che ha elaborato una strategia di ingaggio con Trump. Giorni prima del suo insediamen­to alla Casa Bianca, Trudeau effettuava un rimpasto di governo rimuovendo proprio Dion, politico di lungo corso del Québec. Il marcato accento francese, la forte personalit­à politica, e un passato da ministro dell’Ambiente impegnato nella lotta contro il cambiament­o climatico lo rendevano poco idoneo a negoziare con l’ex amministra­tore delegato della ExxonMobil, ora segretario di Stato americano.

Al suo posto, la duttile Chrystia Freeland, abile negoziatri­ce che ha portato a casa la quasi ratifica del Ceta nel suo ruolo precedente di ministro del Commercio, pragmatica e con un network di contatti a Washington che le ha dato immediato accesso alla leadership congressua­le e al neosegreta­rio di Stato pochi giorni dopo la sua conferma da parte del Senato.

Sullo sfondo, rimane l’incognita del potente vicino di casa e il perimetro politico che Trump intende concedergl­i. Se Trump insiste nell’erigere un muro, anche solo simbolico attorno agli Stati Uniti, anche Trudeau dovrà, alla fine, scegliere da quale parte del muro collocarsi.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy