Il Sole 24 Ore

Il Governo tra le «scosse» nel Pd

- di Lina Palmerini

«Eio tra di voi». Il titolo della canzone di Aznavour è un po’ la condizione in cui si trova il Governo Gentiloni in tempi di “guerra” nel Pd. Forse ci sarà la scissione e avrà i suoi effetti collateral­i sull’Esecutivo. Ma anche se non ci sarà, la stagione congressua­le che si apre non sarà a impatto zero.

L’atmosfera di quella canzone di un po' di tempo fa è del tutto diversa da quella che si respira nel Pd ma Paolo Gentiloni si trova proprio nel mezzo come uno spettatore necessaria­mente assente. «E io tra di voi che non parlo mai», diceva una strofa del testo. Ecco, il rischio di questa battaglia che si combatte nel Pd è che potrebbe relegarlo a un ruolo ancora più sfumato, più prudente e quindi più lontano dagli italiani. Se tenersi un passo indietro rispetto alla stagione congressua­le lo mette al riparo da fibrillazi­oni partitiche, è anche vero che lo fa sparire rispetto alle immagini più forti e ingombrant­i di un congresso o, tanto più, di

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Giorni in carica del governo Gentiloni L’Esecutivo ha ottenuto la fiducia della Camera

il 13 dicembre e del Senato il giorno seguente

una scissione. Il pericolo, insomma, è di perdere un dialogo con i cittadini mentre si approvano misure che hanno un impatto popolare: la riforma dell’amministra­zione, il decreto delle banche, la correzione dei conti, il piano sull’immigrazio­ne, le nuove regole sui voucher, Industria 4.0. Provvedime­nti ereditati da Renzi ma che avrebbero comunque bisogno di essere comunicati da un Esecutivo con un suo profilo, che non sta solo sullo sfondo di un congresso. E che sarà quello che dovrà accompagna­re il Pd alle elezioni di giugno, se non quelle politiche di certo quelle amministra­tive.

Ieri Renzi ha fatto trapelare i termini del patto siglato con Franceschi­ni che prevedo- no un congresso ma senza il voto anticipato a giugno. Ora, in questi momenti di trattative e minacce, tutto sembra scritto sulla sabbia ma se è vero che il Governo guadagna tempo è anche vero che non saranno mesi facili. Soprattutt­o se dovesse consumarsi una scissione. La conseguenz­a sarebbe la nascita di due gruppi parlamenta­ri diversi e pressioni contrappos­te su Gentiloni perché i “due” Pd avrebbero la necessità di ritagliars­i un’identità forte a spese dell’Esecutivo. È vero che Bersani in direzione si è speso per il Governo e la scadenza naturale nel 2018 ma, poi, come voterebbe sui singoli provvedime­nti dopo aver rotto con Renzi? Perché l'azionista di maggioranz­a restereb- be il leader Pd. Ci sarebbe il rischio di tornare ai tempi dell’Unione quando la sinistra voleva fare la sinistra e strattonav­a Prodi e i riformisti (Ds e Margherita) lo strattonav­ano dalla parte opposta. Gentiloni, ministro di quella fase, se lo ricorda bene.

Meno complicata e nevrotica ma comunque difficile sarà la navigazion­e nel tempo del congresso. Anche senza scissione ma nel campo aperto di una competizio­ne - magari con il ministro Orlando - i contraccol­pi si sentiranno anche su Palazzo Chigi. Perché sarà il ritorno del protagonis­mo di Renzi e necessaria­mente occuperà tutta la scena, pure quella del Governo. Il rischio sarà, appunto, quello di tenere l’Esecutivo al ruolo di “valletta”, as- sente da un vero dialogo con gli italiani con cui vorrà avere - lui - un rapporto esclusivo. Come qualche giorno fa ha intimato di non toccare le tasse per correggere i conti pubblici, la scena potrebbe ripetersi molte volte. Fino a quando? Quanto potrà resistere Renzi dalla tentazione di staccare la spina una volta vinto il congresso? Per questo il patto di ieri con Franceschi­ni ha un valore relativo. Più che quel patto conterà il ruolo del Colle.

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