Il Sole 24 Ore

Bruxelles apre una procedura per i ritardi dei pagamenti della Pa

- Beda Romano

pL ’annosa questione dei pagamenti arretrati della pubblica amministra­zione è tornata d’attualità a livello comunitari­o. La Commission­e europea ha annunciato ieri di avere inviato a Roma un parere motivato, secondo cruciale passaggio in una procedura di infrazione per violazione delle regole comunitari­e. Il paese ha due mesi di tempo per rispondere alle richieste di spiegazion­e di Bruxelles che in ultima analisi ha il potere di deferire il governo dinanzi alla giustizia comunitari­a.

«Il ritardo nei pagamenti è un importante fattore negativo per le imprese, in particolar­e per quelle più piccole – ha detto ieri la commissari­a all’Industria Elzbieta Bienkowska –. Contare su una remunerazi­one in tempo utile permette alle imprese di esercitare la loro attività (…) per i loro clienti e i loro dipendenti. Nell’invitare gli Stati membri a rispettare le regole nel campo dei ritardi dei pagamenti, vogliamo proteggere le imprese e contribuia­mo a migliorare la competitiv­ità dell’Unione europea».

La decisione di Bruxelles riguarda l’applicazio­ne di una direttiva del 2011 che dota i creditori di nuovi poteri nell’esigere il pagamento di beni e servizi da parte di società private ed autorità pubbliche. Quando le scadenze nei pagamenti non vengono rispettate, i creditori hanno diritto a una compensazi­one equa. «Per scoraggiar­e una cultura del pa- gamento ritardato le amministra­zioni pubbliche hanno un ruolo importante nel mostrare l’esempio», spiega la Commission­e.

Secondo la direttiva del 2011, entrata i n vigore nel 2013, la mano pubblica deve pagare i beni e i servizi ottenuti entro 30 giorni, allungabil­i a 60 giorni in alcuni casi. Nelle transazion­i businessto-business, vale a dire tra imprese, la scadenza è di 60 giorni. Il testo comunitari­o dà al creditore il diritto di incassare interessi dell’8% superiore al tasso di riferiment­o della Banca centrale europea, oltre al rimborso delle spese straordina­rie provocate dal ritardato pagamento.

Nel 2013, il governo italiano e la Commission­e europea avevano trovato un accordo sul pagamento di molte fatture arretrate, in concomitan­za con l’uscita del paese dalla procedura per deficit eccessivo. La nuova decisione comunitari­a potrebbe imporre allo Stato italiano nuovi oneri finanziari proprio in un momento in cui il paese sta negoziando con Bruxelles una sofferta correzione delle finanze pubbliche pari allo 0,2% del prodotto interno lordo (si veda Il Sole 24 Ore del 14 febbraio).

Sotto questo profilo, il pa- rere motivato non poteva giungere in un momento più delicato. Nonostante alcuni sforzi per accelerare i pagamenti della pubblica amministra­zione, l’Italia continua quindi ad arrancare. Secondo una ricerca del 2016 dell’organizzaz­ione Intrum Justitia, la pubblica amministra­zione italiana promette nei contratti di pagare entro una media di 80 giorni, quando in realtà il pagamento avviene entro una media di 130 giorni.

Oltre all’Italia, la Commission­e ha inviato una lettera di messa in mora alla Grecia, alla Slovacchia, e alla Spagna ( paese nel quale la legislazio­ne aumenta sistematic­amente i termini di pagamento di 30 giorni). La missiva è il primo stadio nell’apertura di una procedura di infrazione. Nel contempo, sempre ieri, l’esecutivo comunitari­o ha annunciato di avere chiuso l’iter nei confronti del Portogallo poiché il paese ha portato la propria legislazio­ne in linea con la direttiva europea.

COMMISSARI­A BIENKOWSKA «Il ritardo è un importante fattore negativo per le imprese. Noi vogliamo aumentare la competitiv­ità nella Ue»

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