Usa: stop alla politica dei due Stati
Il presidente americano riceve Netanyahu: la pace nelle mani di israeliani e palestinesi
pPer riavviare un processo di pace fra israeliani e palestinesi sarà necessario creare un contesto molto più ampio di quello attuale che poggia solo sul negoziato bilaterale, saranno coinvolti altri paesi arabi. È questo il nuovo approccio a cui lavora da qualche tempo Donald Trump per restituire vigore alle prospettive di pace ma anche – ha detto – per cercare la possibilità di «una rivoluzione a tutto campo per la pace non solo fra israeliani e palestinesi ma per l’intero Medio Oriente». Questa è la notizia più importante emersa dal primo vertice di ieri fra Israele e Stati Uniti nell’era Trump, la novità è l’approccio multialaterale. Il resto, ha di fatto detto Trump, è contorno. Due stati o uno stato? Lo decideranno le parti. Ambasciata a Gerusalemme? «Vedremo, stiamo studiano la cosa con grande attenzione».
Che l'incontro di ieri fosse andato bene lo si capiva dal modo in cui Donald Trump e Bibi Netanyahu interagivano: mai visto un sorriso cosi smagliante nel volto del leader israeliano nelle sue visite alla Casa Bianca di Barack Obama. Allo stesso modo Donald Trump ha usato parole di grande elogio per il leader israeliano e sottolineato più volte quanto sia importante «per il buon successo del nuovo processo» la loro amicizia personale, che precede forse di un paio di decenni l’incontro di ieri. E proprio in nome di quella amicizia, del fatto che i due si conoscevano da tempo che Trump ha detto di voler «provare subito, all’inizio del mandato, a cercare una soluzione, non voglio certo aspettare come hanno fatto i miei predecessori la fine del mandato per provare a fare la pace, una pace a cui tengo moltissimo».
Che ci sia un’armonia così ben radicata fra i due non è un fatto secondario, soprattutto se si andrà avanti lungo la strada di un processo di pace fra israeliani e palestinesi che dovrebbe poggiare, secondo quanto hanno detto i due leader, su «un impianto nuovo», un impianto già in parte costruito, ci hanno rivelato entrambi, che poggia su un processo «negoziale multilaterale regionale». C’è stata anche una interessante interazione: il primo ad affrontare la questione è stato Nethanyahu: «Posso dirvi che molti paesi arabi sono interessati a quello che succederà fra noi e i palestinesi...sono oggi più vicini a Israele...anche perché sentono la minaccia comune del terrorismo degli estremisti islamici...». «Non sapevo che avresti fatto questa rivelazione – ha detto subito Trump - ma visto che ne parliamo posso anticipare che l’approccio prevede un negoziato nuovo con molti più paesi nella regione coinvolti. Avremo un tessuto molto più ampio di quanto si sia mai avuto in passato, c’è molto interesse da parte di alcuni paesi molto importanti a far parte di questo processo. E credo di poter dire che molti in questa stanza a fuori da questa stanza saranno sorpresi dal risultato che avremo presto a portata di mano». Quale sarà l’impianto? Si torna forse al progetto che lanciò qualche anno fa l’Arabia Saudita interessata a svolgere un ruolo di mediazione? Di certo sappiamo che Israele ha rapporti migliori di quanto non ne avesse in passato con Giordania, Egitto, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita. Per Riad l’equazione è cambiata dopo l’accordo raggiunto con l’Iran per congelare gli esperimenti su armi atomiche. L’Arabia Saudita teme la nuova “legittimità” acquisita dall’Iran con gli accordi sul nucleare, teme gli effetti destabilizzanti del movimento sciita nei paesi del Golfo e nello Yemen e più in generale il rafforzamento dell’Iran, ormai chiarissimo, nella regione. E visto che condivide questa preoccupazione con Israele, si è notato un avvicinamento fra i due paesi per combattere il nemico comune. Ma come si procederà? È davvero possibile che l’ipotesi di due Stati sia davvero tramontata? La novità di ieri è che Trump ha introdotto per la prima volta la possibilità di una soluzione a uno stato anche se poi ha precisato che a lui va bene tutto. Donald Trump ha anche confermato che si aspetta da Israele un congelamento degli insediamenti: «So che questo non piacerà al mio amico – diceva con un sorriso ammiccante – ma credo sappia benissimo che ci dovranno essere dei cedimenti da parte israeliana per raggiungere un compromesso». Trump il grande negoziatore insomma. In sala c’era anche il genero del presidente, Jared Kushner che diventerà il punto di riferimento operativo per questo negoziato. Cosa positiva sotto un punto di vista perché avrà l’orecchio del presidente. I dubbi ci sono per la sua mancanza di esperienza nel trattare in una regione difficilissima. I commenti dei palestinesi si sono limitati per ora a una caustica battuta sulla questione del singolo Stato: «Se ci sarà un solo stato dovremo avere tutti gli stessi diritti, altrimenti ci sarà un apartheid di fatto».
UN NUOVO INIZIO L’Amministrazione Usa vede un grande negoziato multilaterale regionale. Ma chiede a Israele di limitare gli insediamenti