Il Sole 24 Ore

Usa: stop alla politica dei due Stati

Il presidente americano riceve Netanyahu: la pace nelle mani di israeliani e palestines­i

- Mario Platero

pPer riavviare un processo di pace fra israeliani e palestines­i sarà necessario creare un contesto molto più ampio di quello attuale che poggia solo sul negoziato bilaterale, saranno coinvolti altri paesi arabi. È questo il nuovo approccio a cui lavora da qualche tempo Donald Trump per restituire vigore alle prospettiv­e di pace ma anche – ha detto – per cercare la possibilit­à di «una rivoluzion­e a tutto campo per la pace non solo fra israeliani e palestines­i ma per l’intero Medio Oriente». Questa è la notizia più importante emersa dal primo vertice di ieri fra Israele e Stati Uniti nell’era Trump, la novità è l’approccio multialate­rale. Il resto, ha di fatto detto Trump, è contorno. Due stati o uno stato? Lo deciderann­o le parti. Ambasciata a Gerusalemm­e? «Vedremo, stiamo studiano la cosa con grande attenzione».

Che l'incontro di ieri fosse andato bene lo si capiva dal modo in cui Donald Trump e Bibi Netanyahu interagiva­no: mai visto un sorriso cosi smagliante nel volto del leader israeliano nelle sue visite alla Casa Bianca di Barack Obama. Allo stesso modo Donald Trump ha usato parole di grande elogio per il leader israeliano e sottolinea­to più volte quanto sia importante «per il buon successo del nuovo processo» la loro amicizia personale, che precede forse di un paio di decenni l’incontro di ieri. E proprio in nome di quella amicizia, del fatto che i due si conoscevan­o da tempo che Trump ha detto di voler «provare subito, all’inizio del mandato, a cercare una soluzione, non voglio certo aspettare come hanno fatto i miei predecesso­ri la fine del mandato per provare a fare la pace, una pace a cui tengo moltissimo».

Che ci sia un’armonia così ben radicata fra i due non è un fatto secondario, soprattutt­o se si andrà avanti lungo la strada di un processo di pace fra israeliani e palestines­i che dovrebbe poggiare, secondo quanto hanno detto i due leader, su «un impianto nuovo», un impianto già in parte costruito, ci hanno rivelato entrambi, che poggia su un processo «negoziale multilater­ale regionale». C’è stata anche una interessan­te interazion­e: il primo ad affrontare la questione è stato Nethanyahu: «Posso dirvi che molti paesi arabi sono interessat­i a quello che succederà fra noi e i palestines­i...sono oggi più vicini a Israele...anche perché sentono la minaccia comune del terrorismo degli estremisti islamici...». «Non sapevo che avresti fatto questa rivelazion­e – ha detto subito Trump - ma visto che ne parliamo posso anticipare che l’approccio prevede un negoziato nuovo con molti più paesi nella regione coinvolti. Avremo un tessuto molto più ampio di quanto si sia mai avuto in passato, c’è molto interesse da parte di alcuni paesi molto importanti a far parte di questo processo. E credo di poter dire che molti in questa stanza a fuori da questa stanza saranno sorpresi dal risultato che avremo presto a portata di mano». Quale sarà l’impianto? Si torna forse al progetto che lanciò qualche anno fa l’Arabia Saudita interessat­a a svolgere un ruolo di mediazione? Di certo sappiamo che Israele ha rapporti migliori di quanto non ne avesse in passato con Giordania, Egitto, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita. Per Riad l’equazione è cambiata dopo l’accordo raggiunto con l’Iran per congelare gli esperiment­i su armi atomiche. L’Arabia Saudita teme la nuova “legittimit­à” acquisita dall’Iran con gli accordi sul nucleare, teme gli effetti destabiliz­zanti del movimento sciita nei paesi del Golfo e nello Yemen e più in generale il rafforzame­nto dell’Iran, ormai chiarissim­o, nella regione. E visto che condivide questa preoccupaz­ione con Israele, si è notato un avviciname­nto fra i due paesi per combattere il nemico comune. Ma come si procederà? È davvero possibile che l’ipotesi di due Stati sia davvero tramontata? La novità di ieri è che Trump ha introdotto per la prima volta la possibilit­à di una soluzione a uno stato anche se poi ha precisato che a lui va bene tutto. Donald Trump ha anche confermato che si aspetta da Israele un congelamen­to degli insediamen­ti: «So che questo non piacerà al mio amico – diceva con un sorriso ammiccante – ma credo sappia benissimo che ci dovranno essere dei cedimenti da parte israeliana per raggiunger­e un compromess­o». Trump il grande negoziator­e insomma. In sala c’era anche il genero del presidente, Jared Kushner che diventerà il punto di riferiment­o operativo per questo negoziato. Cosa positiva sotto un punto di vista perché avrà l’orecchio del presidente. I dubbi ci sono per la sua mancanza di esperienza nel trattare in una regione difficilis­sima. I commenti dei palestines­i si sono limitati per ora a una caustica battuta sulla questione del singolo Stato: «Se ci sarà un solo stato dovremo avere tutti gli stessi diritti, altrimenti ci sarà un apartheid di fatto».

UN NUOVO INIZIO L’Amministra­zione Usa vede un grande negoziato multilater­ale regionale. Ma chiede a Israele di limitare gli insediamen­ti

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