Sicilia tra appalti fuori legge e 52 miliardi mai riscossi
Tra le tante perle di Antonio Fiumefreddo, amministratore unico di Riscossione Sicilia - la società che riscuote i tributi e le altre entrate nell’isola - dette ieri in Commissione parlamentare antimafia , è difficile scegliere. Non sai se partire dal fatto che ha «segnalato all’Anac l’irregolarità di tutti gli appalti» dal momento che in Sicilia gli appalti pubblici, «qualunque sia la stazione appaltante, si tengono con autocertificazioni relative alla regolarità fiscale in quanto non è mai pervenuta l’istanza di regolarizzazione fiscale». Oppure se partire da quest’altra dichiarazione: «Abbiamo chiesto ai titolari delle piattaforme di estrazione di mostrarci se avessero versato le tasse. In Sicilia nessuno aveva mai chiesto loro di pagare. Quando abbiamo chiesto l’elen- co delle piattaforme ci è stato risposto che non c’è. Dall’indomani non hanno consentito ai nostri ufficiali esattoriali di entrare nelle piattaforme». In attesa che la Commissione metta in linea l’intera audizione nella quale pescare nuove perle, vale la pena chiudere con questa: la società che guida, negli ultimi 10 anni non ha riscosso 52 miliardi e a fine 2015 l’azienda, che dovrebbe incassare 5,7 miliardi all’anno, ha introitato 480 milioni. Impossibile rimpiangere le esattorie dei cugini Salvo ma è ugualmente impossibile assistere a una débâcle che impoverisce i servizi della Sicilia e grazia i soliti noti (tra i quali deputati regionali che non pagavano e non erano perseguiti, anche per importi milionari).