L’Aquila otto anni dopo: pile di pratiche in giacenza
L’AQUILA. Dal nostro inviato pA vviso ai terremotati di Lazio, Umbria e Marche : incombe rischio L’Aquila. Che è come un allarme slavine a Rigopiano. Stavolta a rimanere sotto metri e metri di adempimenti burocratici è la ricostruzione aquilana e abruzzese.
Chiunque volesse averne la controprova faccia un salto al Genio civile del capoluogo abruzzese: biro e centinaia di faldoni i nvece di personal computer e archivi telematici. A otto anni dal terremoto del 2009, il Genio civile dell’Aquila è all’età della pietra. Sette dipendenti e 290 pratiche in giacenza (ma gli ingegneri parlano di 600) che lievitano un giorno dopo l’altro, con tempi d’attesa, quando va bene, intorno ai quattro mesi.
La nuova legge regionale dell’aprile 2016 - a sette anni dal sisma - rivoluzionava il processo decisionale: prima bastava un semplice deposito con sorteggio del 15% delle pratiche, ora siamo passati al sistema autorizzativo, con un potere decisivo di firma da parte del Genio che verifica ogni singolo progetto antisismico sotto il profilo tecnico e non soltanto burocratico.
Niente di trascendentale, se la macchina organizzativa si fosse mobilitata per tempo. Invece, la Regione Abruzzo (la competenza in passato era provinciale) si è ben guardata di rafforzare gli organici, e con lei il ministero delle Infrastrutture, che un occhio di riguardo per un ufficio strategico di una Regione con terremoti passati, presenti e futuri poteva averlo.
Il presidente della Regione, Luciano D’Alfonso, il Pico della Mirandola d’Abruzzo (un curriculum da trilaureato, con incarichi a strascico tra Consigli di amministrazione, aziende pubbliche e contratti araffi cada docente universitario), vola alto su queste miserie umane, così come il ministero delle Infrastrutture guidato da un altro ex sindaco, il renziano Graziano del Rio. Serviva una soluzione rapida e parzialmente indolore per rimettere in carreggiata il Genio. L’Ance (l’associazione dei costruttori), d’accordo con il vicepresidente della Giunta regionale Giovanni Lolli, 67 anni, un ode itrep adroni dell’ Aquila e aspirante inpecto real la successione del sindaco Massimo Cialente, ha caldeggiato una delibera che prevede un costo d’istruttoria aggiuntivo sulle singole pratiche di ricostruzione di 400 euro (non è ancora chiaro se a carico delle imprese, che anticipano la somma, o del committente).
Dopo la tassa sul macinato, quella sulla ricostruzione. Il fondo permetterà l’assunzione di tre o quattro ingegneri strutturisti in più. Servirà? Paolo De Santis, ex presidente dell’Ordine degli ingegneri aquilano, semina solo una serie di interrogativi: «Quanto tempo ci vorrà per rendere operative queste professionalità? E che accelerazione ci sarà sui tempi di approvazione delle pratiche?». Domande alle quali risponde solo indirettamente Carlo Giovani, capo del Genio aquilano. Che chiede almeno una trentina di persone in più. Giovani attingerebbe volentieri dall’Ufficio ricostruzione dei Comuni del cratere con base a Fossa, nell’Aquilano, dove c’è un serbatoio di 25 tra ingegneri e amministrativi dipendenti dal ministero delle Infrastrutture. All’appello mancano dunque una ventina di dipendenti, un numero stratosferico in tempi di tagli massicci agli enti locali, mentre c’è chi sussurra che il Genio sarebbe pronto a tornare al regime precedente alla legge regionale del 2016: controllo formale delle carte e responsabilità a carico del progettista che le ha firmate.
D’Alfonso, Del Rio e i terremotati di lungo corso in attesa di un tetto sono avvisati.