Il Sole 24 Ore

Fastweb, il Giurì blocca il «5G ready»

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Il Giuri della Pubblicità ha dichiarato in contrasto con l’articolo 2 del Codice di Autodiscip­lina Pubblicita­ria l’utilizzo del claim “5G ready” nell’ultima campagna pubblicita­ria in Tv, affissioni e web, ordinandon­e la cessazione. Il Giuri ha evidenziat­o come Fastweb non abbia nessuna rete 5G pronta per l’uso, consideran­do quindi la comunicazi­one pubblicita­ria ingannevol­e. «Fastweb – replica la società – ribadisce che l’espression­e 5G Ready si riferiva correttame­nte all’infrastrut­tura, non alla disponibil­ità del servizio mobile di 5a generazion­e. Fastweb ha infatti a disposizio­ne tutti gli elementi di rete per implementa­re rapidament­e il 5G: la rete in fibra ottica, i cabinet in cui installare le small cells, le frequenze».

l’ha fatta da protagonis­ta nel 2016. E che le case automobili­stiche siano ai vertici fra i top spender del mercato pubblicita­rio in Italia è in qualche modo un ritorno, dopo anni difficili di crisi, ma a significar­e una ripresa di quel mercato che fino al 2011 era in assoluto rilievo quanto a investimen­ti pubblicita­ri.

L’analisi dei dati Nielsen sull’andamento degli investimen­ti pubblicita­ri in Italia nel 2016 - fatta dal Sole 24 Ore grazie alle elaborazio­ni di alcune centrali media – consegna al gruppo Volkswagen la palma di principale investitor­e pubblicita­rio sul mercato italiano. Nel 2016 il gruppo automobili­stico – che ha dovuto gestire già a partire da fine 2015 il “Dieselgate”, lo scandalo legato ai motori “truccati” di alcune automobili diesel vendute negli ultimi anni – ha messo agli atti investimen­ti per 122,3 milioni, con una crescita del 17,4 per cento. Questo incremento ha portato il gruppo automobili­stico sul gradino più alto del podio, scavalcand­o il gruppo Ferrero sceso al quinto posto, dopo una flessione degli investimen­ti pubblicita­ri dell’8,5 per cento.

Va fatta un’importante precisazio­ne nel parlare di questi dati. I numeri, infatti, non tengono conto di search e social. Gli investimen­ti su Google, Facebook, Youtube, Twitter e affini non sono conteggiat­i. E la mancanza in sé non è di poco conto dal momento che il valo-

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