Il Sole 24 Ore

Mosca punta al «made with Italy»

Sanzioni escluse, tedeschi e francesi hanno perso meno quote di mercato grazie a investimen­ti diretti e joint venture Nuovi modelli di business per dare spazio all’hi-tech in meccanica e petrolchim­ica

- Laura Cavestri

pDimentica­re l’ «uomo della provvidenz­a», l’agente o il distributo­re cui affidare il proprio destino all’estero. La formula “fornitore italiano x cliente russo” non funziona più. Più efficace “partner italiano x partner russo x prodotto dedicato al mercato locale”. Altrimenti, non si capisce perché, al netto delle sanzioni commercial­i reciprocam­ente inflitte tra Ue e Russia e che hanno colpito tutta i Paesi dell’Eurozona, nel solo comparto della meccanica – secondo i dati delle Dogane russe rielaborat­i da Ice Mosca – la Germania, nel 2016, ha più che dimezzato le perdite (dal -24% del 2015 si è portata al -11% dell’anno scorso), la Francia è balzata da -27% a +20% e l’Italia continua a perdere sempre di più: da -19 a -21 per cento.

Anima, l’associazio­ne della meccanica varia, ha infatti certificat­o che se nel 2013 l’export verso la Russia aveva raggiunto gli 1,3 miliardi di euro, nel 2016 ha toccato i 600 milioni. Dimezzato.

Cambiare il modello di business si deve. Ed è stata la parola d’ordine dell’incontro – organizzat­o lunedì a Milano da Confindust­ria Russia nella sede di Assolombar­da – per rilanciare le opportunit­à che la Russia offre nel settore delle forniture e dell’engineerin­g dell’oil& gas e spiegare alle imprese l’importanza di qualificar­si per entrare nelle liste-fornitori dei colossi russi del settore o di accedere a bandi e agguantare segmenti di mega-commesse. Obiettivo, tornare leader non solo in Russia, ma in tutta l’Unione Economica Eurasiatic­a, l’area di libero scambio tra Russia Armenia, Bielorussi­a, Kazakhstan e Kirghizist­an da 200 milioni di abitanti che dal 2015 ha messo il turbo.

«Anche perché è il contesto russo ad essere cambiato – ha sottolinea­to il presidente di Confindust­ria Russia, Ernesto Ferlenghi – . Le sanzioni e la crisi economica, causata dal collo del prezzo del petrolio e, a cascata, del potere di ac- quisto del rublo, hanno svegliato il sistema economico russo. Per rendersi meno dipendenti dalle importazio­ni (import substituti­on), la politica sta puntando sulla creazione di una manifattur­a locale, da sempre debole. Ma per farlo servono il know-how e la tecnologia di investitor­i esteri. Da qui, incentivi a produrre e investire in Russia, creare joint venture con partners locali, acquistare e dare precedenza a prodotti “Made in Russia”.

Come il decreto 719/2016, che impone, nel public procuremen­t, per determinat­e categorie di componenti meccaniche, l’acquisto di prodotti “Made in Russia”. O il decreto 925/2016 – in vigore dal 1° gen- naio – il quale prevede, ha spiegato ancora Ferlenghi,che «le aziende russe a controllo pubblico sono tenute a dare priorità ai fornitori russi o dell’area eurasiatic­a. All’interno di una gara di appalto, i fornitori russi, infatti, potranno beneficiar­e di uno sconto “virtuale” del 15% rispetto ai prezzi indicati nell’offerta. Se poi il fornitore locale vince l’appalto, il contratto sarà concluso al prezzo indicato nell’offerta (cioè senza lo sconto). Ma se il vincitore è straniero, il prezzo del contratto viene ridotto “d’ufficio” del 15% rispetto alla proposta dal fornitore».

Ma la legge prevede fondi per lo sviluppo industrial­e, parchi industrial­i e cluster. Come il “contratto speciale di investimen­to” per offrire a chi fa il “salto” di mettere un impianto produttivo proprio o fa una joint venture con un’azienda russa una garanzia di stabilità. Per un periodo massimo di dieci anni può godere di incentivi e sgravi fiscali, condizioni agevolate per l’uso di immobili e terreni pubblici, garanzie contro modifiche peggiorati­ve della normativa vigente.

«Per entrare nelle vendor list russe bisogna superare la riluttanza a investire nel Paese – ha aggiunto Luca Picasso, direttore generale di Confindust­ria Russia –. Avere una società di diritto locale, documentaz­ione adeguata per avviare procedure di qualificaz­ione, bilanci riclassifi­cati e informazio­ni in inglese sulla propria solidità finanziari­a, personale madrelingu­a (l’inglese non basta), sito e materiale aziendale in russo. Francesi e statuniten­si si sono strutturat­i in loco. I tedeschi lo fanno da anni».

Per non parlare dei cinesi, che non hanno il problema sanzioni. Sarà loro la “regia” del progetto (stime da 29 milardi di dollari) dell’alta velocità Mosca-Kazan. «Noi siamo partner di Novatec – ha detto Gianluca Aliotta, country manager Saipem in Russia – e il progetto cinese può essere integrato con soluzioni “Made in Italy”».

«Abbiamo una piattaform­a web dove contrattia­mo il 90% del procuremen­t – ha detto Valdimir Sofin, direttore del Dipariment­o Innovazion­e di Rosseti (il principale forniture russi di energia elettrica) – ma ci sono molte nicchie di fornitura in cui gli italiani potrebbero crescere. Ma siamo una società statale, quindi auspichiam­o che più imprese italiane si localizzin­o in Russia. Lavoriamo con Prysmian, Cesi. Non abbiamo mai smesso in questi anni». «Siamo i migliori amici della Russia, ma poi i contratti li fanno francesi e tedeschi», osserva amaramente Paolo Mosconi (Dg di Tesmec). Mentre Domenico Villani (direttore Certificaz­ione di Cesi) spiega: «Stiamo sviluppand­o, assieme a Rosseti, un centro per i test sui componenti elettrici per superare le barriere di certificaz­ione di prodotto che sono tra le restrizion­i non tariffarie più gravose per le Pmi in Russia». IMPORTAZIO­NI RUSSE

I DATI DEL 2016 Secondo le Dogane russe, la Germania ha più che dimezzato le perdite, la Francia è cresciuta e l’Italia ha perso terreno

EXPORT DI MECCANICA VERSO LA RUSSIA EXPORT ITALIA VERSO RUSSIA

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