Il Sole 24 Ore

Crédit Agricole, profitti a 3,5 miliardi

Il titolo balza del 4,8% alla Borsa di Par igi dopo i r isultati a fine dicembre

- Marco Moussanet

un titolo in rialzo del 4,8% (in testa agli aumenti di un indice Cac40 in crescita dello 0,6%, ai massimi da novembre), il mercato ha premiato i risultati del Crédit Agricole, che ha chiuso ieri le presentazi­oni dei bilanci 2016 dei quattro principali gruppi bancari francesi (che hanno cumulato utili netti pari a poco meno di 20 miliardi).

I dati sono certo difficilme­nte confrontab­ili con quelli dell'esercizio precedente. Principalm­ente a causa dell’operazione “Eureka”, che l’anno scorso ha semplifica­to la struttura della “banca verde”, mettendo fine alla partecipaz­ione incrociata tra Casa, la struttura del gruppo quotata, e le casse regionali. Ma anche per le numerose poste straordina­rie, dalla svalutazio­ne di LCL (la banca commercial­e in Francia) per 491 milioni all’acquisizio­ne di Pioneer Investment­s da parte della controllat­a Amundi per 3,5 miliardi fino all’avvio del piano di ristruttur­azione con orizzonte 2020.

Ma insomma, dal punto di vista contabile l’Agricole ha registrato utili netti per 3,5 miliardi, in progressio­ne dello 0,7%, appena al di sopra delle attese degli analisti (il consensus era a 3,4 miliardi). Al netto appunto delle poste straordina­rie e a bilancio omogeneo, l'aumento è stato però del 22,8%, a 3,1 miliardi.

I ricavi sono scesi del 2,3% a 16,8 miliardi. In crescita però del 4,4% (a 17,4 miliardi) al netto delle voci non ricorrenti. Nell'ultimo trimestre dell'anno il costo del rischio è sceso del 15% rispetto allo stesso periodo del 2015, stabile in punti base (41). Significat­ivo, al riguardo, è il dato della controllat­a italiana Cariparma, che vede il suo costo del rischio scendere da ormai otto trimestri consecutiv­i (a 93 punti base, rispetto ai 117 di fine 2015). Infine la solvibilit­à, con un ratio Basilea 3 al 12,1%, abbondante­mente al di sopra quindi delle esigenze regolament­ari.

In difficoltà è appunto LCL, i cui ricavi sono scesi del 14,1% a 3,1 miliardi (-5,9% a 3,4 miliardi al netto delle poste straordina­rie). Ma che ha visto soprattutt­o il proprio utile – a causa del perdurare di un contesto di tassi bassi che si è tradotto in una massiccia rinegoziaz­ione dei prestiti immobiliar­i – crollare del 51,6% a 273 milioni (-10% a 510 milioni in versione “adjusted”). Dato sul quale pesano (per oltre 40 milioni) gli oneri di un piano di ristruttur­azione che dovrebbe portare alla chiusura di 250-280 agenzie su 1.900 (e il taglio, entro il 2018, di circa 800 posti). Anche se il costo del rischio (182 milioni rispetto ai 134 dell'esercizio precedente) rimane particolar­mente basso, a 17 punti base.

I VOLUMI I ricavi sono scesi del 2,3% a 16,8 miliardi ma sarebbero in crescita del 4,4% (a 17,4 miliardi) al netto delle voci non ricorrenti

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